Disprezzo per la convivenza civile e individualismo sfrenato: a fronte di questi fenomeni è importante rilanciare tra i ragazzi i valori della legalità e della responsabilità civile. Quali sono le cause? Perché i ragazzi ricorrono all’illecito? Tanti i motivi, tra cui il bisogno di farsi ascoltare. Come possiamo far loro comprendere che sentirsi parte di una società rispettosa delle norme di convivenza, di un “noi”, è appagante e fa sentire realizzati?
L’incontro targato “Educhiamoci, giornate per l’educazione” di martedì 11 ottobre ha risposto a tutti questi quesiti grazie a due ospiti speciali: l’ex magistrato, giurista, saggista e scrittore Gherardo Colombo e l’ex insegnante e scrittrice Anna Sarfatti. Un’occasione per conoscere i modi con cui promuovere l’educazione civica, il dialogo tra l’Io e il Noi nei giovanissimi.
A dare inizio all’incontro, l’intervento dell’assessore vittoriese Antonella Uliana: “Che gioia essere qui – ha detto -. Le giornate per l’educazione sono strettamente collegate al mondo della cultura. Vittorio Veneto è una città ricca di cultura, storia e paesaggi: da questa consapevolezza si parte per educare al rispetto di un patrimonio comune, collaborando tra noi. Questo deve vedere in prima fila l’istruzione, la scuola e l’insegnamento dell’educazione civica: solo così si fa capire ai giovani che la loro presenza nel mondo è importante per mantenere viva la memoria”.
Evoluzione del senso della comunità. Il primo tema è stato affrontato da Sarfatti, che ha centralizzato la figura del bambino: “Bisogna partire dai bambini per capire come potersi muovere” afferma l’ex insegnante. Tramite dei disegni e delle risposte date dai giovanissimi nel periodo in cui Sarfatti insegnava, viene ricostruito il pensiero comune a tutti i bambini.
“A 6 anni si inizia a rendersi conto che non con tutti si può essere amici – ha detto Sarfatti -. La loro comunità in costruzione è fragile perché si affida alla casualità degli incontri cercando di superare il senso di solitudine. Arrivati in quinte elementare quel senso di fragilità si trasforma in bisogno: posso fare tutto se sono insieme agli altri, l’Io ha bisogno del Noi. Consapevolezza del valore del gruppo, della comunità scolastica, della comunità globale”.
“Vedo una grandissima differenza tra adulti e bambini – è intervenuto Gherardo Colombo -. Noi abbiamo pochissimo senso della comunità e questo si riflette sui bambini: facciamo vedere loro che la comunità non serve, è quasi un fastidio che ci invade e danneggia. Questo lo facciamo intendere con il nostro comportamento, non congruo con quello che diciamo. Ad esempio ci sono tantissime liti condominiali, tra loro le insegnanti non fanno comunità: è una cattiva sopportazione della comunità. Il problema grosso è costituito dal sistema degli adulti: fanno vedere come si fa a vivere svalutando il Noi e scaricando all’Io a quello che non dovrebbe appartenergli”.
Educazione civica. Un lungo “apprendistato della responsabilità” in cui l’adulto, con pazienza, deve guidare il bambino in modo che quest’ultimo cresca con senso di responsabilità. Un giovanissimo che, oltre ad avere un comportamento decoroso e sicurezza, riuscirà a comunicare con gli altri costruendosi una comunità solida.
“Le 33 ore annue dell’educazione civica a scuola – ha aggiunto Sarfatti – rappresentano un’ambiguità: tutto l’orario scolastico è educazione civica. Se vogliamo rendere un cittadino educato con solo 33 ore l’anno, abbiamo fallito, generiamo un pensiero sbagliato. Se vogliamo essere comunità educante, noi adulti abbiamo delle responsabilità educative sempre e ovunque. Io credo che un grosso elemento di ‘educazione civica’ sia ‘l’educazione alla responsabilità’. Un atteggiamento messo in atto dagli adulti gradualmente, con richieste adatte all’età del bambino ed avendo chiaro che è un lungo tirocinio. Il bambino potrà sbagliare, avere bisogno di più tempo ed incoraggiamenti ma pian piano diventerà capace e aiuterà i più fragili: responsabilità del Noi e allo stesso tempo dell’Io. Deve essere un continuo dialogo tra l’Io e il Noi. Se il cittadino non passa questa fase, è inesperto della vita e agirà senza senso della responsabilità e non saprà stare accanto agli altri”.
“Noto che tanti vedono in contrasto l’appartenenza e la libertà – ha proseguito Colombo -. Queste due parole sono in realtà sorelle, derivano dalla stessa radice. Senza appartenere ad una comunità, ad un gruppo, non sei. Esiste però questa difficoltà nello stare insieme, di fare comunità. Difficoltà che penalizza qualsiasi settore e alle volte perfino il mondo del volontariato. Tutto questo lo trasmettiamo ai bambini che assorbono dai nostri comportamenti: facciamo una cultura della discriminazione. Il problema siamo noi, non i bambini”.
Discriminazione. Un tema molto sentito nella società odierna che si ricollega alla scuola: un istituto pubblico dove si incontrano vari soggetti diversi tra loro e che devono, per forza, stare insieme e collaborare.
“Il bambino straniero che entra nella classe è integrato se apprende – sostiene Sarfatti -. Quello che portano loro non è minimamente preso in considerazione. Ospiti che possiamo accogliere ma la cui storia non ci interessa. Cerchiamo di fare in modo che questo Noi abbia un significato, premesso che siamo tutti diversi. Se non si educa questa curiosità di conoscere gli altri, il piacere di condividere, formiamo cittadini chiusi”.
Legalità. I ragazzi avvertono le leggi come obbligo un limite alla loro libertà d’espressione. “Non si corre; Non si parla; Non si usa il cellulare..”: sono proprio questi divieti imposti che producono in molti ragazzi un senso di ribellione. “Gli adulti producono delle regole che sono divieti – ha detto Colombo -. Tutte le regole iniziano con ‘non’ e sentirsi dire di ‘no’ non piace a nessuno. Le regole non sono questo, sono delle regole per l’uso: se noi non ci mettiamo la finalità, come si fa a rispettarla? Se voglio prendere un treno, devo rispettare l’orario. Bisogna riorganizzare la comunicazione delle regole dando la priorità dalla finalità. Noi siamo tendenti a relazionarci con gli altri richiedendo obbedienza con i bambini ma anche con gli adulti. Le regole devono diventare oggetto di coesione sociale”.
Solidarietà. Nell’articolo 2 della Costituzione viene scritto che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
“La solidarietà non è un’opzione – ha affermato Sarfatti -; al cittadino viene chiesta come dovere. Questo vuol dire che perché l’Io e il Noi possano dialogare, deve essere proprio scritto nel codice comportamentale della persona il fatto che ‘essere aiutati’ ed ‘aiutare’ fa parte delle nostre responsabilità. Dobbiamo porci il problema degli altri: noi per primi dobbiamo porci il problema dei ragazzi e viceversa. Bisogna riattribuire il valore di ‘solidarietà civile’, quasi in opposizione a quella in chiave religiosa”.
“È importante rendersi conto che se vogliamo pari diritti – ha aggiunto Colombo – la solidarietà è uno strumento. Tutti possono andare a scuola perché altri cittadini pagano le tasse (necessità di solidarietà) fornendo gli strumenti per concretizzare il diritto scolastico gratuito. Senza solidarietà, quindi, i diritti non ci sarebbero”.
Gli incontri di “Educhiamoci, giornate per l’educazione” sono disponibili gratuitamente su Facebook, Youtube e nel loro sito (qui il link).
(Foto: Facebook e fermo immagine Youtube).
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