Toponimi della Marca trevigiana, Vittorio Veneto: in sella a una bici iconica fra mura medievali, acque cristalline e bachi da seta

Il toponimo di oggi: Vittorio Veneto
Il toponimo di oggi: Vittorio Veneto

Dopo averla più volte sfiorata nel gaudente pellegrinaggio alla ricerca dei toponimi eccoci finalmente a Vittorio Veneto, 29.000 abitanti, a metà strada fra il Cadore, l’Alpago, la Valbelluna e Venezia.

A dispetto di un nome piuttosto recente, la città ha una storia antichissima che si intuisce osservando lo stemma civico, risultato della sovrapposizione delle armi di Ceneda (rosso) e Serravalle (blu). Ma andiamo per ordine.

L’attuale toponimo risale al XIX secolo, precisamente al 1866, anno che segna la nascita di una nuova realtà comunale nata dalla fusione dei due municipi preesistenti, Ceneda e Serravalle appunto. Il nome Vittorio, adottato in onore del primo re d’Italia Vittorio Emanuele II, sarà completato con l’aggettivo “Veneto” pochi anni dopo, nel 1923, sulla scorta di una consuetudine nata all’indomani della sconfitta austriaca.  

Serravalle, collocata nella strettoia fra il Col Visentin e il Monte Pizzoc, deve il proprio nome a questa caratteristica ubicazione topografica e al ruolo di controllo della valle: la città murata ne è una preziosa testimonianza. Ceneda, storica sede vescovile, pare mutuare il proprio appellativo da un lemma celtico, Kenet – Keneta, dal significato oscuro, forse riferito a qualcosa di bello e piacevole.

Vittorio Veneto e i suoi dintorni offrono innumerevoli itinerari tematici: le vestigia longobarde, i capolavori dell’arte religiosa, le tracce della Grande Guerra, l’evoluzione industriale solo per citarne alcuni.  

Il mezzo di locomozione prescelto per l’escursione questa volta è la bici, ma non una bicicletta qualsiasi: la Graziella, icona degli anni Settanta e nata proprio a Vittorio Veneto.

Prima tappa è una realtà culturale di nicchia: il museo del baco da seta. Nella vecchia filanda Maffi, fra i cimeli e le attrezzature di un mondo oramai scomparso, ci accolgono i volti e le voci di donne che, con sacrifici oggi impensabili, hanno contribuito al successo di Vittorio Veneto e della Marca.  

Dalla filanda pedaliamo verso la millenaria parrocchiale di Sant’Andrea di Bigonzo, edificio di commovente eleganza e semplicità al quale si accede percorrendo un lungo viale di cipressi. Costeggiato il Meschio, nelle cui acque cristalline abbiamo colto il fugace guizzo della trota, eccoci in Piazza del Popolo. Siamo nel baricentro della bipolare Vittorio Veneto, a pochi passi dalla stazione e sotto i pennoni delle bandiere.

In attesa dell’ora per l’aperitivo godiamoci l’allegro viavai delle persone: corre voce che questa piazza sia un magico luogo d’incontro….

(Foto: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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