Acqua, una risorsa limitata

Il telescopio a infrarossi Webb ci ha di recente messo di fronte a una dimensione incredibilmente diversa rispetto al nostro pensiero quotidiano e anche strategico. Guardando lassù si considerano ammassi stellari, galassie, esopianeti distanti milioni di anni luce che ci annientano con cifre iperboliche e dimensioni dell’universo assolutamente inimmaginabili. La nebulosa della Carena, ad esempio, un ammasso stellare nella Via Lattea, la nostra galassia, che dista 7.500 anni luce o 5 galassie che compongono il Quintetto di Stephan e che distano 290 milioni di anni luce. E ci sono miliardi di galassie composte da miliardi di stelle.

Lascio agli astronomi, ai fisici, ai filosofi e anche ai teologi dare le risposte circa il senso di tutto questo, del significato di tutto il materiale che nasce, vive e muore nell’infinito.
Mi accontento del nostro sole e della rassicurante previsione che ci riscalderà ancora per molte migliaia di anni: una cara stella che nutre, tra gli altri, un pianeta del tutto speciale, avvolto da un’atmosfera umida creata da una grande massa di acqua che consente la vita, anche in una forma intelligente, per quanto possibile.

Dunque, mi sembra di capire, dalle perlustrazioni astrali, che vi sia una grande quantità di energia in giro, gas di ogni tipo e chissà quante altre fonti ancora da scoprire. Quello che sembra assolutamente impossibile ottenere è l’acqua, anche perché, in ipotesi, che razza di pozzo o di tubatura potrebbe trasportarla fino da noi?

Quindi, mentre non dubito che la scienza saprà trovare altre forme di energia, magari pulite, per il nostro benessere, l’acqua è un bene che dovremo considerare sempre più limitato, che gli economisti dovranno sempre più considerare come valore, come risorsa finita. E non andrei molto lontano nell’immaginare conflitti futuri sulla questione dell’acqua, sui fiumi, sulle canalizzazioni, sulle deviazioni a monte, sui bacini.

Sembra che con l’agricoltura 4.0 si possano ridurre del 20% i fabbisogni di acqua per mantenere gli stessi livelli di produttività. Sensori, banche dati, intelligenza artificiale, centraline, software dedicati potranno utilmente calcolare i fabbisogni precisi di ogni coltura e risparmiare, in media, un bel po’ di acqua. Se un ettaro di mais necessita di 3.600 mc di acqua, ne basteranno il 10% in meno. Ortaggi e patate consentiranno un risparmio del 12% (da 5.000 mc/ha a 4.400), i frutteti del 15% e altre colture come le barbabietole arriveranno al 50%.

L’evoluzione dell’agricoltura di precisione rappresentata dall’agricoltura 4.0, l’applicazione dell’IoT (Internet of Things), cioè la tecnologia digitale applicata al fare, contribuiranno a contenere i consumi, ma mi chiedo se sarà sufficiente. Anche perché stiamo veleggiando verso gli 8 miliardi di persone e non si tratta solo di lavarsi, dissetarsi o cucinare, ma di far crescere maggiori quantità di grano, ortaggi e frutta e di allevare bestiame.
Mi chiedo se non sarà necessario arrivare a nuove tipologie di colture, meno dipendenti da una irrigazione intensiva. Che vorrà dire anche cambiare abitudini alimentari, con l’introduzione, comunque, di cibi che sono già ampiamente conosciuti come esotici.

Certo è che vedere la pianura padana, una delle più ricche di acqua del mondo, con un grande corollario di fonti alpine, soffrire di una arsura mai vista, fa pensare. Ed è motivo di cambiamento. Con una riflessione, che dovrebbero indurre a una visione più modesta, per così dire, del nostro ruolo nell’universo: il pericolo vero, così continuando, non lo corre il pianeta, che saprà sicuramente “riadattarsi” e andare oltre le nostre scelleratezze. Lo corre la specie umana. Che dispone di telescopi potentissimi per indagare a distanze siderali e sembra essere cieca di fronte a quello che accade davanti ai propri occhi.

Autore: Anselmo Castelli – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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