Non sempre nei passaggi generazionali viene dato il giusto peso alla componente emotiva, che invece è fondamentale al fine della riuscita del passaggio delle aziende (o degli studi) di generazione in generazione.
Gli aspetti emozionali, legati alle caratteristiche dei singoli attori del passaggio, alla loro storia e al loro vissuto interiore, rischiano spesso di impedire la realizzazione di qualsiasi piano studiato nei minimi particolari da un punto di vista tecnico-giuridico.
È importante sottolineare che il passaggio generazionale non avviene necessariamente all’interno di una famiglia, ma può anche essere declinato in altri tipi di passaggio, come ad esempio dal titolare o proprietario storico ai propri dipendenti.
Anche in questo caso le dinamiche emotive possono ostacolare il passaggio, soprattutto in un contesto come quello italiano dove l’azienda (o lo studio) vengono vissuti come una famiglia, dove i dipendenti hanno il ruolo di figli.
Pensare solo agli aspetti tecnici o giuridici, senza accompagnare il passaggio generazionale con un’adeguata attenzione alla componente emotiva, rischia di far sì che prevalgano sentimenti irrazionali che portano ad attriti e ansie talvolta ingestibili.
Nei passaggi generazionali c’è un inevitabile confronto su nuove conoscenze ed esperienze passate, che devono trovare un momento di confronto perché generazioni diverse fanno sì che i contesti sociali e culturali di riferimento siano diversi, e quindi che siano diverse le idee e le modalità attraverso le quali si conduce un’azienda.
Molto spesso vengono presi in considerazione solo i valori patrimoniali e non vengono considerati i valori affettivi, le aspirazioni e i desideri dei singoli, nell’erroneo pensiero che sia solo l’equità patrimoniale il valore da perseguire.
Trascurando questi aspetti vengono a galla ripicche, gelosie e ansie da prestazione che si mescolano con la fatica di accettare l’idea della vecchiaia per chi deve lasciare la guida e con la fatica di non sentirsi all’altezza per chi deve assumere nuovi ruoli.
Genitori e titolari che non lasciano spazio perché non si fidano, figli che non si sentono all’altezza dei genitori.
Purtroppo, nel passaggio generazionale spesso non è possibile scegliere a “chi” lasciare il timone e gli aspetti personali e aziendali si mescolano, creando incomprensioni alimentate da preconcetti che nascono da lontano. Tenere separati i due piani (personale e aziendale) è difficile, ma non impossibile.
I pilastri e i punti di riferimento dovrebbero essere il riconoscimento delle diverse competenze e l’accettazione di punti di vista diversi, da parte di tutti. Il futuro non sarà uguale al passato, ma il passato ci consente di avere un bagaglio di strumenti di lettura del futuro.
Sì, c’è sicuramente la paura che le cose non funzionino se non si fa come si è sempre fatto, e questa paura c’è sia nel genitore che nel figlio.
È però importante che il figlio sappia camminare sulle proprie gambe, avendo il coraggio di distaccarsi con dolcezza ma con fermezza dal pensiero del genitore.
Ed è altrettanto importante che il genitore lasci andare il figlio, lasciandogli la libertà di scegliere nuove vie e se necessario lasciandolo libero di sbagliare. Anche rischiando di vedere la propria azienda snaturata o trasformata in altro o, nella peggiore delle ipotesi, chiusa.
Serve coraggio e stima reciproca, al di là della diversità delle idee, da entrambe le parti. Solo così sarà possibile non perdere l’esperienza del passato e mettere in campo le competenze del presente e del futuro.
Tenendo però sempre presente che i valori da salvaguardare non sono solo quelli patrimoniali ma sono soprattutto quelli affettivi, che vengono prima di quelli patrimoniali.
Autore: Emanuela Barreri – Sistema Ratio Centro Studi Castelli