Autonomia, identità e Covid in un mondo 4.0

Volenti o nolenti, viviamo una situazione che ci mette sempre più di fronte ai nostri limiti individuali.

Come se non ci fosse stata la globalizzazione, l’apertura degli orizzonti internazionali, la dimensione sovranazionale, le frontiere commerciali sgretolate, Internet e i social.

Come se le notizie di tutto il mondo non fossero all’istante disponibili sui nostri computer.

Come se le guerre e le disgrazie non fossero continuamente documentate e non invadessero la nostra coscienza.

Come se il Covid-19 non ci avesse mostrato le nostre forti interrelazioni.

Parto da lontano per parlare di autonomia, una parola che mi ha disturbato in questo periodo, nel senso di turbato con pensieri negativi. Eppure, mi è sempre stata simpatica la parola in sé, ma non il modo in cui è stata utilizzata. Qualcosa ho letto, a suo tempo, per capire che autonomia contiene in sé il concetto di identità. Il problema è che identità evoca uno stato di chiusura, verso gli altri e il mondo.

L’autonomia, invece, è un’identità che agisce. E come? Naturalmente verso altre riconosciute autonomie. Autonomia è riconoscimento di identità e constatazione delle proprie insufficienze che ci aprono all’altro. Mi ricordo di un convegno in cui si parlava, ancora molti anni fa, di complementarità dei territori. Ecco cosa significa autonomia: identità di risorse che si relazionano con quelle di altri territori. Peculiarità e complementarità che si incrociano. Vai a parlare di chiusure ai nostri imprenditori, il cui fatturato è composto ormai per una larga quota da voci di export! Magari vai a parlare di dazi!

Mi sembra che in questo periodo questa nobile parola, che ci spinge all’apertura, sia stata molto fraintesa e abbia causato confusione, sovrapposizione di competenze, rivendicazioni perfino infantili, mancanza di visione. A danno, naturalmente, delle decisioni e della loro efficacia. Eppure, siamo immersi nella cosiddetta società del rischio, che ci porta tutti a condividere le stesse esperienze globali: i nubifragi, i cicloni, il riscaldamento del pianeta, il terrorismo, le crisi finanziarie e le pandemie. Tutti sono convinti che per affrontare simili eventi sia necessario una specie di governo mondiale o, almeno, una forte concertazione tra le varie autonomie statali per dare impulso a un’efficace azione comune. Tutti concordano sull’insufficienza degli strumenti attuali (ONU e simili) pensati per altre epoche e ormai inadeguati ad affrontare situazioni completamente nuove.

E in questa riflessione ormai generale, come si fa a non essere turbati dallo scenario italiano delle autonomie, rimaste solo pretenziosamente identitarie? Le vere autonomie nascono dal basso, riconoscono gli altri come interlocutori capaci di compensare e prevedono di diventare federazioni con gradi di amministrazione armonizzati. Un processo che in Italia non è avvenuto nemmeno con la premessa dei vecchi ducati e delle antiche signorie.

Una severa riflessione sul Titolo V della Costituzione, dopo aver passato la bufera ed essere stati tutti vaccinati, sembra d’obbligo.

L’autonomia intelligente è quella che sa immergersi nei flussi con una propria istanza, interpretando la corrente senza remare contro, ma cercando di apportare i propri valori per il vantaggio di tutti. Speriamo e auguriamoci un Natale sereno, all’insegna dell’intelligenza al servizio delle proprie autonomie.

Autore: Anselmo Castelli – Sistema Ratio Centro Studi Castelli Srl

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