Beni offerti ai dipendenti e reddito da lavoro

L’Agenzia delle Entrate, con risposta ad Interpello 11.04.2024, n. 89, ha chiarito quando i beni erogati ai dipendenti possano considerarsi irrilevanti ai fini della determinazione del reddito da lavoro dipendente.

Un’azienda attiva nella produzione e nella commercializzazione di caffè, tè e derivati in caffetterie a marchio, al fine di promuovere i prodotti a listino e diffondere l’immagine aziendale, prevede, a favore dei propri dipendenti, la fornitura gratuita di una bevanda al giorno preparata all’interno del punto vendita, di un sacchetto di caffè selezionato al mese e di prodotti di merchandising (ad esempio tazze, grembiuli, spillette brandizzate) in maniera occasionale.

Il tema è: il valore dei suddetti beni concorre a determinare il reddito da lavoro dipendente dei vari collaboratori?

Al quesito ha dato risposta l’Agenzia delle Entrate, ribadendo innanzitutto che l’art. 51, c. 1, del Tuir dispone che “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. Tale disposizione sancisce, quale principio base, “l’onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente, ovvero l’assoggettamento a tassazione, in generale, di tutto ciò che il lavoratore dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro, salvo le tassative deroghe di tassazione contenute nei successivi commi del medesimo art. 51.

L’ampia locuzione legislativa comprende, oltre alla retribuzione corrisposta in denaro, anche quei vantaggi economici che i lavoratori subordinati possono conseguire ad integrazione della stessa. Trattasi, in particolare, di compensi in natura, consistenti in opere, servizi, prestazioni e beni, anche prodotti dallo stesso datore di lavoro”.

In relazione alla determinazione del reddito, il medesimo art. 51, al c. 3, prevede che “ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1 si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell’articolo 9. Il valore normale dei generi in natura prodotti dall’azienda e ceduti ai dipendenti è determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni al grossista. Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a euro 258,23? se il predetto valore supera il citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito”.

Non concorrono, in ogni caso, alla formazione della base imponibile del dipendente le “somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore” e le “erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro”. In proposito, la circolare n. 37/E/2013 del Ministero delle Finanze stabilisce che “solo nella particolare ipotesi in cui il dipendente abbia un obbligo contrattuale di utilizzo del bene e successiva restituzione dello stesso, si può considerare prevalente l’interesse del datore di lavoro e, quindi, escludere il valore dei predetti beni dalla tassazione in capo al dipendente”.

Nel caso di specie, si rileva “che i beni sono offerti a tutti i dipendenti in organico a prescindere dalle vendite effettuate e dalla prestazione lavorativa svolta e potrebbero anche non essere utilizzati stante l’assenza di obblighi contrattuali specifici”; quindi, per quanto utili alla strategia aziendale, “in concreto soddisfano un’esigenza propria del singolo lavoratore, rappresentano un suo arricchimento e pertanto non possono considerarsi erogati nell’esclusivo interesse del datore di lavoro”.

Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Giorgia Granati – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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