In una circolare Inps le modalità applicative di una misura che nelle intenzioni del governo dovrebbe contrastare il declino demografico.
Il 31.01.2024 l’Inps ha finalmente pubblicato la circolare n. 27/2024 che spiega le modalità applicative del c.d. “Bonus mamme”, un’agevolazione contributiva introdotta dall’attuale governo con la legge di Bilancio 2024. Tale beneficio prevede un esonero totale del pagamento dei contributi previdenziali per le lavoratrici con un contratto indeterminato che hanno almeno tre figli, di cui almeno uno minorenne.
Tuttavia, per il 2024 l’esonero in questione riguarderà anche le lavoratrici che siano madri di 2 figli, di cui il più piccolo di età inferiore a 10 anni. Nell’uno o nell’altro caso, il requisito si intende soddisfatto al momento della nascita del secondo o del terzo figlio e si cristallizza nella medesima data, senza conseguenza alcuna in caso di particolari eventi come la fuoriuscita di uno di essi dal nucleo familiare o l’affidamento esclusivo al padre.
I datori di lavoro, nel riconoscere il bonus contributivo, saranno tenuti ad indicare i dati relativi ai codici fiscali dei figli a carico della lavoratrice nel flusso UniEmens, ciò al fine di consentire all’Inps le opportune verifiche. È interessante osservare come la mancata comunicazione dei codici fiscali comporti la revoca del beneficio. Il limite massimo per l’esonero è fissato a 3.000 euro l’anno, ossia 250 euro lordi al mese, e le eventuali spese eccedenti questa soglia rimarranno a carico della lavoratrice.
Posto che l’intento del governo è quello di sostenere la natalità e quindi arginare gli effetti drammatici dell’invecchiamento della popolazione, il provvedimento in questione presenta più di una criticità:
1. il rapporto di lavoro riconosciuto è il contratto a tempo indeterminato, mentre sono escluse le lavoratrici a tempo determinato, le lavoratrici domestiche e quelle che hanno un solo figlio, ancorché disabile;
2. il bonus non ha natura strutturale, ma perdura solo fino al 2026;
3. di fatto riguarderà le lavoratrici con un reddito superiore a 35.000,00 euro annui, giacché le donne con un reddito inferiore potevano già accedere ad altre agevolazioni come il taglio del cuneo fiscale, rispetto al quale è incompatibile.
Ragionando, poi, in termini più ampi, l’idea di contrastare il declino demografico attraverso il sostegno alla genitorialità e alle famiglie con più di 2 figli appare del tutto insufficiente. Occorrono interventi più incisivi volti soprattutto a incrementare il saldo migratorio come, ad esempio, la riduzione delle emigrazioni dal nostro Paese, l’incentivo al rientro di molti nostri connazionali, il rilascio di permessi di soggiorno a stranieri qualificati con prospettive occupazionali stabili.
Per non parlare delle politiche di conciliazione lavoro-famiglia, dei congedi parentali, della costruzione di reti e servizi pubblici territoriali come asili, consultori, servizi sociali. Rispetto a tali misure, il “Bonus mamme” assume più le sembianze di un pannicello caldo.
Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Giovanni Pugliese – Sistema Ratio Centro Studi Castelli