La convivenza dell’ex con un terzo può escludere il diritto di mantenimento solo se vi è un progetto di vita comune. I figli maggiorenni devono essere mantenuti dai genitori se si sono attivati per rendersi autosufficienti economicamente.
Il Tribunale di Catanzaro, Sezione Prima Civile, con sentenza del 17.05.2023, interviene su una richiesta di modifica delle condizioni di divorzio, proposta con ricorso contro la ex moglie, con una disamina di diversi aspetti importanti affrontati dalla giurisprudenza di legittimità più recente.
Nel caso concreto analizzato, il ricorrente ha dedotto in particolare le seguenti circostanze:
1. La convivenza more uxorio intrapresa dalla ex moglie;
2. L’autosufficienza economica dei figli, a seguito della pensione di invalidità e accompagnamento riconosciuta al più grande, e della maggiore età della più piccola.
Il Collegio, sul primo punto, ha ritenuto che non fosse stata raggiunta la prova in giudizio di una convivenza stabile rilevante e riconducibile alla nozione individuata dalla giurisprudenza di legittimità in termini di condivisione di un progetto di vita comune. Infatti, sebbene possa ritenersi pacifico il fatto della mera coabitazione della ex moglie, la quale aveva ammesso di aver messo a disposizione del nuovo compagno una stanza al piano di sopra, tuttavia non può dirsi che sussista alcun progetto di vita comune tra i due, né una condivisione di risorse economiche tali da incidere sull’assetto economico stabilito in sede di divorzio. Nel caso di specie, come detto, non era stata provata l’esistenza di alcuna relazione sentimentale, né la costituzione di un nuovo nucleo familiare, ma era emersa solo una coabitazione in cui non vi era alcuna condivisione della quotidianità, interessi comuni o abitudini di vita.
Inoltre, rispetto al figlio grande maggiorenne, è emerso, quale fatto nuovo successivo alla sentenza di divorzio, che il ragazzo aveva iniziato a percepire pensione di invalidità e accompagnamento, come pure ammesso dalla parte resistente in udienza, in quanto risulta affetto da un handicap grave.
Sul punto va osservato che senza dubbio l’art. 337-septies c.c. equipara i figli maggiorenni portatori di handicap grave a quelli minorenni, sicché l’invalidità e l’indennità di accompagnamento non determinano il venir meno del diritto del ragazzo a percepire il mantenimento da parte del padre, tenuto conto della finalità meramente assistenziale delle suddette provvidenze, le quali non escludono l’obbligo di mantenimento da parte del genitore.
Tuttavia, occorre osservare che, stante la diversa natura dell’invalidità e dell’accompagnamento, quanto meno con riguardo alla percezione di tale ultima provvidenza si può giustificare una riduzione dell’assegno di mantenimento del genitore obbligato, poiché essa comporta evidentemente una minore incidenza dei costi della patologia sui genitori del beneficiario.
Con particolare riguardo alla seconda figlia maggiorenne, con la laurea breve, ottenuta con il massimo dei voti, è del tutto corretto che l’opportunità dello studio venga offerta dai genitori, poiché l’ordinamento normativo tutela le esigenze formative e culturali anche quale indiretto beneficio alla società. Una maggiore tutela deve essere garantita al figlio che prosegua gli studi con impegno diligenza e passione rispetto a chi si trascina in un percorso di studi non proficuo.
Per concludere:
1. La convivenza con una terza persona non incide sul mantenimento dell’obbligato se non vi è un progetto di vita comune della ex con il terzo;
2. Il figlio maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se dimostri di adoperarsi effettivamente per rendersi autonomo economicamente.
Autore: Luigi Aloisio