Cosa resta della figura dell’avvocato

Weighting on table. Free public domain CC0 photo.

La professione forense ha sempre meno appeal e gli iscritti all’albo diminuiscono costantemente.

Chi intraprende la carriera forense deve essere consapevole che, al di là della preparazione, presupposto indispensabile per esercitare l’avvocatura con decoro, è necessario possedere e coltivare altre doti. L’avvocato dovrà avere un’alta capacità comunicativa per esporre le proprie argomentazioni non solo al magistrato, ma anche al cliente, dovrà essere in grado di creare un ambiente lavorativo sano, dovrà essere capace di predisporre strategie interne allo studio per la corretta promozione dello stesso e per la conseguente gestione del flusso di clienti.

L’avvocato, in altre parole, prima di essere un abile oratore e profondo conoscitore del diritto, dovrà essere un uomo onesto, scrupoloso, disponibile, dinamico, responsabile e coraggioso.

È questo il modello di avvocato da tenere presente quando si pensa alla professione forense. Sono pochi, tuttavia, i giovani “futuri colleghi” che si soffermano a ragionare su quanto possa essere affascinante l’esercizio della professione, che ti consente di padroneggiare l’arte della scrittura, su quanto possa essere gratificante costruire dalle fondamenta una strategia difensiva innovativa e/o, comunque, articolata e complessa, su quanto possa essere utile e socialmente determinante conoscere a fondo le motivazioni sottese all’adozione di ogni singola norma presente nel nostro ordinamento giuridico.

Non dimentichiamo, infatti, che la fonte primaria dell’esercizio della professione non è, come sarebbe lecito pensare, il Codice Civile o quello di procedura civile, bensì il Codice Deontologico Forense che, come fosse una bussola, traccia la linea di condotta degli avvocati e ne delinea i doveri e le modalità con cui esercitare la professione. D’altro canto, all’art. 9 di detto Codice è previsto che l’avvocato deve esercitare l’attività professionale con indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo costituzionale e sociale della difesa, rispettando i principi della corretta e leale concorrenza. Ma vi è di più. Anche fuori dallo studio, una volta dismessi gli abiti del professionista, l’avvocato deve mantenere una determinata condotta; laddove il secondo comma del citato articolo stabilisce che, anche al di fuori dell’attività professionale, quest’ultimo deve osservare i doveri di probità, dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e della immagine della professione forense.

Il significato di tale ultima previsione, che potrebbe sembrare stridente con la tutela del principio di libera espressione dell’individuo, deve essere ricondotto al prestigio della professione, che merita di essere protetto il più possibile, anche a scapito della libertà personale dell’avvocato.

Il titolare dello studio in cui ho avuto il piacere di svolgere la pratica una volta mi disse: “impara a ragionare sempre e non fermarti alla prima conclusione, perché il Legislatore non sbaglia e se una norma è stata adottata o scritta in un certo modo o posizionata in un determinato capo del Codice c’è sempre un motivo; e solo quando riuscirai a capirlo sarai un buon avvocato!”.

Una volta che si riesce ad acquisire questa forma mentis, sarà difficile, quantomeno per il “buon Avvocato” comportarsi in maniera differente anche fuori dello studio.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
Autore: Gianluigi Fino – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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