Dall’album delle figurine all’album di scontrini delle spese sanitarie

Dall’album delle figurine all’album di scontrini delle spese sanitarie
Dall’album delle figurine all’album di scontrini delle spese sanitarie

Nella giungla degli oneri deducibili e detraibili, non si comprende perché non vengano quantomeno ricercate soluzioni per sgravare il contribuente da una serie di adempimenti e conservazione di documenti. Noi proviamo a lanciare qualche proposta.

Le spese sanitarie, nell’antichità, erano oneri deducibili. Ricevevo, per ipotesi, cure dentistiche e calcolavo l’Irpef sul mio reddito, da cui detraevo l’importo della fattura del dentista; poi, per evidenti ragioni di “cassa”, tutto è cambiato e le spese sanitarie sono diventate oneri detraibili, con una detrazione dall’Irpef pari al 19% delle spese sostenute oltre la somma di 129,11 euro.

Successivamente le spese sanitarie (escluse quelle con documento emesso dall’ASL e gli scontrini delle farmacie, sui quali comunque deve risultare il codice fiscale dell’interessato) per poter costituire oneri detraibili debbono essere pagate con sistemi tracciabili e non in contanti, poi ancora l’operatore sanitario (il dentista, tanto per capirci) deve trasmettere i dati dei pazienti e degli importi delle parcelle al Sistema Tessera Sanitaria (STS), salvo che il paziente non si opponga alla trasmissione stessa, che in questo caso, dovrà avvenire per dati “aggregati”. Quindi, per una detartrasi da 70/100 euro: il dentista emette una parcella nei confronti del paziente (in forma cartacea e non elettronica); il paziente paga, per ipotesi, con bancomat; il dentista trasmette i dati e l’importo della prestazione al STS; il paziente inserisce l’importo delle cure dentistiche nella propria dichiarazione dei redditi (per detrarne il 19%) e conserva la copia della parcella per 6 anni; lo stesso per gli scontrini della farmacia (salvo il fatto che possono essere pagati in contanti).

Viene da chiedersi quale sia il costo di tutte queste operazioni e quelli dell’eventuale controllo a posteriori dell’Agenzia delle Entrate.

Intanto la detrazione del 19% delle spese sanitarie non risponde all’esigenza del bilanciamento di interessi: se l’operatore sanitario mi fa uno sconto del 20%, quasi quasi è meglio, ma questo è un altro discorso.

Comunque, che le prestazioni sanitarie debbano dare diritto a una deduzione o detrazione è evidentemente, nelle intenzioni del legislatore, un modo anche di realizzare iniziative per uno Stato sociale, quello che generalmente viene definito welfare. Ma se questa è l’intenzione, perché un pensionato con la pensione minima non può detrarre nulla, non avendo sufficiente Irpef da pagare quella che viene definita “incapienza”? Anche in quest’ottica la semplificazione potrebbe consistere nell’andare in farmacia, ottenere uno sconto del 19% registrato magari sulla tessera sanitaria (che partirà evidentemente con un segno negativo di 129,11 euro, (mi raccomando gli 11 centesimi…), pagare il farmaco 81 euro (che costa invece 100 euro) e poi la farmacia riceverà (magari entro il mese successivo e non con tempi biblici) dallo

Stato il 19% di differenza, in moneta sonante e non con crediti d’imposta, altrimenti siamo punto e a capo.

Sembra invece che il sistema attuale sia contrario alla realizzazione di uno stato sociale, ma si concentri in superflui obblighi a carico del contribuente. Eppure ogni qualvolta ci si rivolge alla Pubblica Amministrazione la risposta è “lo faccia in via telematica”, oppure “utilizzi l’apposita app”, poi vengono stanziati fondi per la digitalizzazione mentre i cittadini, che una volta facevano la raccolta delle figurine Panini, ora fanno la raccolta e l’album degli scontrini della farmacia, facendo molta attenzione a distinguere i farmaci dai parafarmaci.

Lo stesso principio potrebbe valere anche per gli operatori sanitari (medici, dentisti, poliambulatori, ottici, ecc.). Vi sembra normale nel 2023 “fare l’album” con la raccolta degli scontrini?

Autore: Valter Franco – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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