Perché è difficile questo passaggio e come individuare le resistenze anche inconsce.
Ne parlano tutti e sembra tutto molto semplice, la digitalizzazione è il futuro, se non già il presente, e dobbiamo adeguarci. Però noi siamo abituati a fare le cose in un certo modo e funziona, perché dobbiamo cambiare? E anche se non funziona, dato che ci lamentiamo in continuazione che non funziona, facciamo comunque resistenza a cambiare il nostro modo di agire. Sia a livello conscio che a livello inconscio. Siamo abituati a ordinare i documenti in un certo modo, a esaminare prospetti contabili con righe e colonne e anche colori sempre uguali, a “spuntare” documenti cartacei raccolti in cartelline sempre uguali e così via. Quando arriva il nuovo software sul cellulare, non troviamo più nulla ed entriamo nel panico perché ci vorrà tanto tempo per ritrovare quello che ci serve e le app non sono più dove erano prima.
Facciamo fatica perché nella nostra zona di confort ci troviamo bene, non vogliamo cambiare le azioni che compiamo quotidianamente e che anche il nostro corpo, come la nostra mente, è abituato a fare. E non c’è solo la fatica del cambiare, c’è anche la perdita di tempo nell’imparare nuovi strumenti, che chissà mai se funzioneranno.
La digitalizzazione comporta l’accettazione del cambiamento e la fatica di uscire dalla zona di confort, fisica e mentale. Ci viene chiesto di passare a qualcosa che di solito tocchiamo a qualcosa che non tocchiamo più, come un atto di fede. Ricordo chiaramente quando ho iniziato a lavorare e mi hanno detto che infilando un foglio in una macchina lo stesso foglio sarebbe ricomparso in America, nello stesso momento. Praticamente una magia, e invece era il fax che ormai è già largamente superato da altre tecnologie. Passare alla digitalizzazione richiede disponibilità mentale, coraggio nel rischiare di sbagliare, tempo da dedicare per imparare i nuovi processi.
1) Il primo passo è accettare il rischio di uscire dal conosciuto per avventurarsi in quello che non conosciamo, fidandoci. Guardando alla meta del risultato finale.
2) Il secondo passo è non aver paura di sbagliare, perché sicuramene sbaglieremo: stiamo andando in un luogo che non conosciamo, in cui ci sono altri che ne sanno più di noi. Dobbiamo correre il rischio.
3) E poi c’è da mettere in conto il tempo da dedicare alla digitalizzazione, viviamo nell’epoca del “tutto e subito” e non siamo disposti ad aspettare. Ci toccherà aspettare.
Ultimo aspetto da non sottovalutare è il costo: digitalizzare costa. Quindi, perché mai fare un qualcosa che è faticoso e per di più costa? Per di più in un momento di crisi come questo? Non mi dilungo sui vantaggi della digitalizzazione, sono davanti ai nostri occhi, però spesso non li vediamo perché le resistenze che ho descritto prima sono potenti.
C’è un tempo e un momento in cui scatta qualcosa, in cui ci sentiamo pronti a farlo.
Molti cambiamenti vengono realizzati perché imposti per legge. Altri perché imposti dalla vita. Pensiamo al Covid-19 e al passaggio “online” imposto da un giorno all’altro.
Se il cambiamento non ci viene imposto e lo decidiamo noi perché è “scattato qualcosa”, è necessario cambiare modo di pensare, accettare le novità e le innovazioni, poi agire.
E tenere duro nel percorso, perché la voglia di lasciare perdere c’è ma i vantaggi finali, se ben accolti, sono innegabili.
Ho aggiunto la frase “se ben accolti”, perché la digitalizzazione ci deve aiutare a vivere meglio, non a lavorare di più o peggio a essere controllati e usati dalle macchine o da chi ci sta dietro. Questo è comunque un altro discorso, da approfondire.
Autore: Emanuela Barreri – Sistema Ratio Centro Studi Castelli Srl