Perché dormire è così importante per la nostra salute?
Il sonno viene definito dalla Società Italiana di Medicina Generale come una periodica interruzione dello stato di veglia, caratterizzata da perdita della vigilanza e da un aumento della soglia percettiva agli stimoli. Rappresenta un bisogno irrinunciabile per la nostra sopravvivenza, tanto che una deprivazione dello stesso può comportare l’insorgenza di molteplici disturbi che coinvolgono l’intero organismo, sia a livello fisico che mentale. Dormire ci permette infatti sia di “restaurare” il nostro cervello (proprio perché è l’unico organo che può riposare solo di notte) sia di provvedere al mantenimento della nostra salute fisica, tramite la crescita e la rigenerazione dei tessuti e l’eliminazione delle sostanze di scarto.
I principali regolatori del ciclo sonno-veglia
I principali fattori che regolano il ritmo sonno-veglia sono rappresentati dall’alternanza luce/buio e dalle abitudini sociali. La stretta connessione tra sistema nervoso centrale e sistema endocrino, tramite la produzione di particolari ormoni come la melatonina, permette la regolazione di questo fondamentale ritmo biologico. In particolare, la luce sia naturale (sole) sia artificiale (dispositivi elettronici) sopprime la produzione di melatonina da parte dell’epifisi, determinando uno stato di veglia. Al contrario il buio si comporta in maniera opposta, determinando un aumento della produzione di melatonina e di conseguenza uno stato di sonnolenza.
Quanto dormire?
Affinché il sonno svolga una adeguata azione ristorativa, è necessario assicurarsi una buona quantità e qualità del sonno.
- Quantità: per la popolazione adulta (18-64 anni) è necessaria una durata del sonno che si attesti tra le 7-9 ore, mentre per la popolazione anziana (>64 anni) tra le 7-8 ore.
- Qualità del sonno: viene considerata buona se il periodo di latenza, ossia il periodo necessario per addormentarsi è < 30 min e se il tempo di veglia dopo l’insorgenza del sonno, ossia il tempo che passiamo svegli durante la notte è < 20 min.
Un altro aspetto importante da considerare è rappresentato dal cronotipo di ogni persona, che determina la nostra predisposizione ad essere più “performanti” la mattina o la sera.
In particolare, è possibile distinguere 3 cronotopi:
- mattutini: performano meglio la mattina presto;
- serotini: performano meglio la sera tardi;
- intermedi: rappresentano il 70-75% della popolazione e performano meglio nella tarda mattinata o nel primo pomeriggio.
I disturbi del sonno e insonnia
Nella società moderna accade sempre più frequentemente che ci siano persone che soffrono di disturbi del sonno ossia che manifestino una scarsa quantità e qualità del sonno. Secondo la International Classification of Sleep Disorders (ICSD), pubblicata per la prima volta nel 1990, è possibile classificare i disturbi del sonno in 8 categorie maggiori. Tra queste, l’insonnia rappresenta certamente il disturbo più frequente.
Epidemiologia dell’insonnia e i suoi sintomi
In Europa la prevalenza di insonnia severa si aggira intorno al 4-22% della popolazione adulta con una durata media di 2-6 anni. Si riscontra essere inoltre un disturbo più frequente nelle femmine e che cresce all’aumentare dell’età. I principali sintomi sono:
- persistente difficoltà nell’ addormentarsi;
- risvegli notturni frequenti con scarsa capacità nel riaddormentarsi;
- risvegli precoci alla mattina, prima del previsto;
- percezione di avere un sonno poco ristoratore.
Viene inquadrata come insonnia cronica quando questi sintomi si verificano almeno 3 volte alla settimana per una durata di 3 mesi; altrimenti viene definita come recente (< 1 mese) o occasionale. |
Cause di insonnia
Secondo la International Sleep Foundation l’insonnia sembra essere causata da un persistente stato di iperarausal, ossia uno stato di iperattivazione costante che coinvolge la mente e/o il fisico e che può essere causato da svariati motivi.
- Consumo di sostanze che influiscono negativamente sul sonno: utilizzo di caffeina, alcool, droghe, alcuni farmaci, nicotina. Queste sostanze determinano un aumento della circolazione di adrenalina e noradrenalina, che predispongono verso uno stato di maggiore attivazione.
- Problemi di salute: la presenza di alcune malattie che determinano discomfort e dolore fisico possono influire negativamente sul rilassamento e sulla capacità di prendere sonno.
- Disturbi comportamentali e malattie mentali: l’insonnia è infatti un importante sintomo e/o causa di depressione (presentano un rapporto bidirezionale). Ma anche disturbi comuni come ansia e stress possono contribuire all’insorgenza di insonnia.
- Scarsa igiene del sonno: andare a letto ad orari sempre diversi, fare tanti sonnellini, stare tanto tempo davanti ai devices elettronici o lavorare di notte possono contribuire all’insorgenza di insonnia. Altri motivi sono rappresentati da uno scadente esercizio fisico svolto durante il giorno e da un eccesso di luce e di rumore nella stanza da letto.
Le conseguenze della deprivazione del sonno
L’insonnia, determinando una condizione di deprivazione del sonno, porta con sé tutta una serie di implicazioni negative sulla salute sia fisica che mentale dell’individuo. Tra i principali disturbi psichici e cognitivi si riscontrano difficoltà di memoria e di concentrazione, alterazione dell’umore, ansia, depressione. Invece tra i principali disturbi fisici si riscontrano astenia, cefalea e vertigini, disturbi metabolici (disregolazione ormonale con una ridotta secrezione di GH e una iperproduzione di cortisolo) e del sistema immunitario (aumento del grado di infiammazione e riduzione delle difese immunitarie), aumento dell’ipertensione arteriosa, obesità (aumento dell’appetito per una ridotta secrezione di leptina).
Trattamento
A causa delle molteplici sfaccettature di questo disturbo, il trattamento dell’insonnia deve essere estremamente individualizzato sulla base delle reali necessità del soggetto. A prescindere che si decida di aderire a un trattamento farmacologico o meno, una grande attenzione deve essere sempre rivolta ad educare il paziente a una corretta igiene del sonno.
Come può essere utile l’attività fisica per migliorare la nostra qualità del sonno?
È ormai noto quanto l’attività fisica sia essenziale per la nostra salute e il benessere quotidiano. L’esercizio fisico permette infatti di ridurre il rischio di sviluppare malattie croniche (ipertensione, dislipidemia, diabete, malattie cardiovascolari, ecc.), di ridurre i livelli di stress e ansia e di aumentare le principali funzioni cognitive (attenzione, concentrazione, produttività, ecc.).
Negli ultimi anni sempre più studi hanno dimostrato come l’aderenza a uno stile di vita attivo, permetta di migliorare la quantità del sonno ma soprattutto la sua qualità, riducendone il tempo di latenza e i risvegli notturni. |
Che tipo di esercizio fisico svolgere e con che tempi?
I livelli di attività fisica consigliati sono quelli dettati dalle linee guida dell’OMS, che prevedono un esercizio aerobico da svolgere per 150-300 min/settimana se di moderata intensità o per 75-150 min/settimana se di intensità vigorosa, inserendo se possibile anche 2 sedute di rinforzo muscolare.
Per quanto riguarda il timing (i tempi), alcuni studi recenti evidenziano come un esercizio aerobico svolto durante la mattina sembri migliorare la qualità del sonno in maniera maggiore rispetto allo stesso esercizio svolto nel pomeriggio o la sera.
Inoltre, una buona abitudine è quella di evitare di svolgere una attività fisica ad alta intensità nelle 1-3 ore precedenti la fase di addormentamento. L’esercizio fisico, infatti, determinando il rilascio di catecolammine (come adrenalina e noradrenalina), contribuisce a determinare uno stato di eccitazione/attivazione nell’individuo (aumento della FC, aumento della T, aumento della P e del metabolismo basale) e di conseguenza rendere più difficoltoso l’addormentamento. Al contrario una attività blanda come lo yoga, lo stretching o la meditazione, promuovendo uno stato di rilassamento, rappresentano esercizi più idonei da eseguire la sera prima di coricarsi.
Infine, data l’elevata connessione tra disturbi del sonno e condizioni di ansia e depressione e risaputo l’importante contributo svolto dall’esercizio fisico nel ridurre condizioni di ansia e stress (grazie alla liberazione di endorfine), l’attività fisica si rileva ancora una volta “un’arma a doppio taglio” in grado di intervenire su entrambi i fronti.
Autore: Elisa Pastorio – Sistema Ratio Centro Studi Castelli