Si punta alla collaborazione della clientela per l’individuazione dei consulenti senza titolo.
Da anni sia il Cndcec che gli ordini territoriali hanno avviato campagne di informazione e sensibilizzazione sui canali nazionali per la promozione e la tutela della professione, con messaggi di attenzione in merito al contrasto dell’abusivismo, che invitano le imprese e i cittadini ad accertarsi che il consulente al quale si intendono rivolgere per la tenuta della contabilità, la redazione dei bilanci e delle dichiarazioni fiscali, la stima di attività economiche, la redazione di perizie e consulenze tecniche in materia economica e finanziaria, ecc., sia regolarmente iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili.
Il fenomeno dell’abusivismo, ancora più diffuso nell’ambito delle professioni sanitarie, da un lato, sottrae importanti opportunità di lavoro ai professionisti regolarmente iscritti, soggetti la cui professionalità e preparazione tecnica sono avvalorate da un percorso formativo molto impegnativo (laurea, tirocinio, superamento dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione, iscrizione all’albo) e sono completate dai corsi di formazione e aggiornamento che sono tenuti a frequentare annualmente.
Dall’altro comporta, per i semplici cittadini e le imprese che incautamente si affidano a consulenti abusivi, l’utilizzo di servizi di basso standard qualitativo resi da soggetti molto meno preparati, non obbligati a rispettare un codice deontologico, né ad assicurarsi contro la responsabilità civile per danni professionali, copertura assicurativa la cui inesistenza, nel caso di errori commessi da questi consulenti inesperti, priva i clienti danneggiati di ogni possibilità di indennizzo.
Il nostro ordinamento (art. 3498 c.p.), a tutela di un interesse generale, punisce l’esercizio abusivo delle attività professionali per le quali è richiesta una speciale abilitazione con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con una multa da € 10.000 a 50.000 e orientamenti giurisprudenziali ormai consolidati abbracciano un’interpretazione estensiva della norma, secondo la quale integra il reato di esercizio abusivo di una professione il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva a una determinata professione, siano univocamente individuati come di competenza specifica di essa, allorché lo stesso compimento venga realizzato con modalità tali, per continuità, onerosità e organizzazione, da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato (Corte Cassazione, Sez. VI, 10.05.2018, n. 33464).
Nei giorni scorsi, nell’ambito delle iniziative di tutela della professione e della lotta all’abusivismo, con l’Informativa 14.06.2021, n. 68, il Consiglio ha trasmesso agli ordini territoriali un modello per la segnalazione dei casi di presunto esercizio abusivo della professione, con invito a darne diffusione tra gli iscritti e a metterlo a disposizione del pubblico con la pubblicazione sul portale dell’ordine. Il modello, oltre all’ovvia segnalazione dei dati anagrafici del segnalante, prevede l’allegazione dei documenti atti a circostanziare il presunto abuso e richiede di indicare:
- attività svolta dal professionista;
- se la stessa è svolta in modo continuativo, organizzato e retribuito;
- se il professionista ha dichiarato espressamente di essere iscritto all’Albo oppure se, in assenza di chiare indicazioni diverse dallo stesso provenienti, ha svolto l’attività con modalità tali da creare le apparenze di una sua iscrizione;
- nominativo del professionista e sui dati anagrafici, residenza, indirizzo dello studio, recapiti telefonici, etc.
Infine, si deve segnalare che dallo scorso anno, su attivazione di alcuni Ordini territoriali (Firenze e Pordenone), la Procura della Repubblica ha riconosciuto come parte lesa in procedimenti penali per esercizio abusivo della professione di commercialista non solo i clienti del sedicente commercialista, ma anche tutti i professionisti iscritti all’Ordine interessato. La costituzione degli Ordini in veste di parti civili potrebbe costituire un ulteriore deterrente alla diffusione della piaga dell’abusivismo.
Autore: Marco Fiameni – Sistema Ratio Centro Studi Castelli