I controlli attraverso guardie giurate o agenzie investigative

Il datore del lavoro può scegliere questa attività di controllo solamente con scopi di tutela del patrimonio aziendale e, per tali motivi, è possibile anche utilizzarli per controllare i propri dipendenti per accertare il compimento di illeciti.

L’art. 2 dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970) prevede che il datore di lavoro possa impiegare le guardie giurate soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale; pertanto esse non possono accedere ai locali dove si svolge l’attività lavorativa durante l’espletamento delle mansioni, se non eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di tutela del patrimonio aziendale.

La violazione della disposizione sopra richiamata comporta non solo la sospensione della guardia giurata dal servizio, ma anche l’irrogazione di una sanzione penale in capo al datore di lavoro inadempiente.

Il successivo art. 3 pone, inoltre, un generico divieto di effettuare controlli occulti sullo svolgimento dell’attività lavorativa (“i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza debbono essere comunicati ai lavoratori interessati”) e il suo mancato rispetto implica l’impossibilità per il datore di lavoro di utilizzare quanto segnalato dal personale di vigilanza al fine dell’applicazione delle sanzioni disciplinari.

Nel tempo, alcune pronunce della Corte di Cassazione hanno ammesso i c.d. “controlli difensivi” a tutela del patrimonio aziendale: il datore di lavoro, infatti, può, direttamente o tramite un’agenzia investigativa, effettuare un controllo sul lavoratore, purché non con l’obiettivo di verificare il corretto svolgimento della prestazione, ma piuttosto per accertare il compimento di un illecito da parte del lavoratore, fonte di danno per il datore di lavoro e per l’azienda (Cass., sent. 1.03.2019, n. 6174).

Il controllo mediante guardie giurate o agenzie investigative è ammesso anche laddove vi sia un sospetto o la mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione (Cass., sent. 4.09.2018, n. 21621).

Coerentemente con l’orientamento giurisprudenziale in materia di controlli difensivi, un’ordinanza del Tribunale di Padova del 2.10.2019 ha riconosciuto la legittimità del licenziamento per giusta causa del lavoratore che “attesti falsamente la propria presenza sul luogo di lavoro, dal momento che una simile condotta, accertata da un’agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro, integra gli estremi del reato di truffa”.

Tre sono le valutazioni effettuate dal giudice di merito e che ha posto a fondamento della decisione presa: il controllo “non si è risolto in una misura di monitoraggio diretta a colpire indistintamente l’intero staff (…) bensì è consistita in un’attività di controllo specificamente indirizzata nei confronti di un particolare lavoratore indiziato della commissione di condotte penalmente illecite precisamente delineate”; “l’avvio dell’attività di controllo per mezzo dell’agenzia investigativa non è frutto di un’iniziativa arbitraria ed estemporanea del datore di lavoro, bensì è conseguenza delle incongruenze riscontrate dal funzionario aziendale circa l’immotivata assenza del lavoratore in data 26.09.2018, sia delle anomalie rilevate sulla base del confronto tra il planning settimanale e i tabulati attestanti l’orario di lavoro predisposti e compilati dal ricorrente stesso”; “la società resistente ha fatto ricorso ad uno strumento di indagine che risulta essere il meno invasivo tra quelli concretamente disponibili comunque utili allo scopo”, rispettando così in pieno il principio di proporzionalità tra l’obiettivo ed il mezzo utilizzato per perseguirlo.

Autore: Giorgia Granati – Sistema Ratio Centro Studi Castelli Srl

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