Il lavoratore ha diritto di accedere ai dati sulla geolocalizzazione

Il Garante della Privacy è tornato sul tema della geolocalizzazione dei lavoratori nella newsletter 10.10.2023, n. 511 per chiarire alcuni importanti aspetti, dopo aver sanzionato una società che non aveva consentito l’accesso ai dati.

Con la newsletter 10.10.2023, n. 511 il Garante della Privacy, come di consueto, ha comunicato le ultime decisioni e, tra queste, ha affrontato anche il tema del diritto del lavoratore ad accedere ai dati sulla geolocalizzazione.

Nel caso di specie, i dipendenti di un’azienda, addetti alla lettura dei contatori di gas, luce e acqua avevano chiesto l’accesso ai dati sulla geolocalizzazione, per verificare la congruità dei rimborsi chilometrici e della retribuzione mensile oraria indicata in busta paga.

Più precisamente, i lavoratori chiedevano di conoscere i dati raccolti attraverso lo smartphone fornito dalla società sul quale era stato installato un sistema di geolocalizzazione che consente agli operatori di individuare il tragitto da effettuare per raggiungere i contatori. In assenza di idoneo riscontro del datore di lavoro, i lavoratori si erano rivolti all’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.

Nel corso dell’istruttoria, il Garante ha accertato che il datore di lavoro, in qualità di titolare del trattamento, non aveva fornito un riscontro idoneo a quanto richiesto dai lavoratori, nonostante la chiarezza e l’analiticità delle istanze, tra l’altro non comunicando loro i dati trattati attraverso il GPS. Il datore di lavoro, infatti, si è limitato a indicare le modalità e gli scopi per i quali venivano trattati.

Si ricorda che per l’installazione di un sistema di geolocalizzazione è necessario che le finalità siano riconducibili alle seguenti esigenze: di sicurezza dei lavoratori e dei luoghi di lavoro (es. lavorazioni caratterizzate da elevati rischi per la sicurezza del personale); organizzative e produttive (es. lavorazioni in impianti o con uso di macchinari che necessitano di continuo monitoraggio o a contatto con sostanze nocive in luoghi isolati); di tutela del patrimonio aziendale (es. rischio di furti o di intromissioni nei locali aziendali).

Non rientrano in tali finalità il monitoraggio continuativo degli spostamenti del personale durante l’orario di lavoro. Peraltro, in presenza delle condizioni sopra elencate, è comunque necessaria la presenza di un accordo sottoscritto dal datore di lavoro con le organizzazioni sindacali ovvero l’autorizzazione all’installazione da parte dell’Ispettorato del Lavoro.

Difatti, la disciplina in materia poggia sul contemperamento delle disposizioni sul controllo a distanza dei lavoratori (art. 4 L. 300/1970) con quelle in tema di protezione dei dati personali.

Tornando al caso in oggetto, secondo il Garante, il comportamento del datore di lavoro che si limitava a indicare le modalità e gli scopi per i quali i dati venivano trattati configura una condotta illecita in base ai principi della normativa sulla privacy.

Dalla rilevazione del GPS, infatti, deriva indirettamente la geolocalizzazione dei dipendenti e, di conseguenza, un trattamento di dati personali, quantomeno nel momento della lettura dei contatori.

Pertanto, il Garante ha ordinato al datore di lavoro di fornire ai lavoratori i dati relativi alle specifiche rilevazioni effettuate con il GPS dello smartphone e tutte le informazioni ricollegate al trattamento.

Nel caso in cui il datore di lavoro non avesse potuto dare riscontro alle richieste dei dipendenti, egli avrebbe dovuto indicare i motivi specifici per i quali non poteva soddisfare le istanze di accesso, fermo restando il diritto dei lavoratori di presentare reclamo al Garante o ricorso giurisdizionale.

Alla società è stata comminata una sanzione di 20.000 euro.

Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Mario Cassaro – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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