Il nuovo contratto di rioccupazione


Rivolto a tutti i datori di lavoro e finalizzato alla creazione di nuovi posti dopo la crisi pandemica, suscita qualche perplessità in ordine alla sua adeguatezza e alla brevità del periodo di decontribuzione concesso.

Il Decreto Sostegni-bis ha introdotto, per il periodo 1.07.2021-31.10.2021, una nuova figura contrattuale finalizzata ad incentivare l’occupazione nella fase successiva alla crisi pandemica, cioè quella caratterizzata dal mantenimento dei livelli occupazionali.
In un contesto normativo volto, invece, a stimolare la creazione di nuovi posti di lavoro, ecco apparire il contratto di rioccupazione, cioè un contratto di natura subordinata e a tempo indeterminato, destinato a quei lavoratori disoccupati che hanno manifestato disponibilità al lavoro ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. 190/2015.
Il periodo entro cui è possibile ricorrere a tale tipologia contrattuale è compreso tra il 1.07 e il 31.10, a conferma della natura temporanea ed eccezionale dell’istituto.
L’assunzione è condizionata a un progetto di inserimento della durata di 6 mesi con l’obiettivo di “garantire l’adeguamento delle conoscenze professionali del lavoratore stesso al nuovo contesto lavorativo”.
Decorso questo periodo di 6 mesi, le parti hanno la possibilità di risolvere il rapporto, ricalcando in questo modo il medesimo schema dell’apprendistato professionalizzante.

I datori di lavoro abilitati a instaurare tale rapporto sono tutti i privati, anche non imprenditori, fatta eccezione per i settori agricolo e domestico; sono previste delle agevolazioni consistenti in un integrale esonero della contribuzione entro il limite di 6.000 euro su base annua.
Per l’ottenimento di tali benefici è necessario il rispetto di una serie di condizioni, ovverosia:

  • regolarità contributiva;
  • osservanza degli obblighi di legge e assenza di sanzioni per gravi violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale;
  • rispetto degli accordi e contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale e, se esistenti, territoriali e aziendali;
  • rispetto di obblighi preesistenti stabiliti dalla legge o contrattazione collettiva (ad esempio, assunzione di personale nel settore delle pulizie dopo un cambio di appalto);
  • osservanza dei diritti di precedenza a favore dei lavoratori previsti dalle norme vigenti;
  • rispetto dei lavoratori posti in integrazione salariale, salvo che l’assunzione non sia di livello diverso rispetto al lavoratore assunto con l’incentivazione o riguardi altre unità produttive;
  • non avere proceduto a licenziamenti collettivi o licenziamenti per giustificato motivo oggettivo nei 6 mesi antecedenti l’assunzione, nella stessa unità produttiva;
  • non avere intimato il licenziamento del lavoratore durante o al termine del periodo di inserimento;
  • non avere proceduto nei 6 mesi successivi alla assunzione di lavoratori con contratto di rioccupazione, al licenziamento individuale o collettivo di dipendenti.

Se al termine dei 6 mesi non vi è recesso delle parti, il rapporto di lavoro proseguirà nelle forme di un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Esaminata la disciplina del contratto di rioccupazione, rimangono forti perplessità sulla sua adeguatezza nel perseguire gli scopi per i quali è stato creato. Posto che l’idea di un piano di reinserimento di lavoratori nel ciclo produttivo, accompagnata da decontribuzione, è una modalità già sperimentata in altre occasioni, l’esperienza ci insegna che difficilmente può generare stabile occupazione quando il periodo decontribuito è di breve durata.

Autore: Giovanni Pugliese – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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