Il trust e gli altri strumenti di protezione del patrimonio


Le possibilità fornite dal nostro ordinamento in materia.


Tra gli strumenti che il nostro ordinamento pone a tutela di taluni beni (patrimonio), il trust è certamente quello più conosciuto e probabilmente anche il più diffuso. In linea generale, si può affermare che il trust è un istituto che consiste nell’instaurazione di un rapporto tra più persone, in virtù del quale un dato soggetto, che viene generalmente denominato come trustee o fiduciario, cui sono attribuiti i diritti e i poteri di un vero e proprio proprietario, gestisce un patrimonio per uno scopo prestabilito, purché lecito e non contrario all’ordine pubblico. L’istituto ha trovato la sua disciplina nell’ambito del panorama giuridico italiano con la L. 16.10.1989, n. 364 “Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a L’Aja il 1.07.1985” (pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale 8.11.1989, n. 261 – Suppl. Ordinario n. 84).
Il trust costituito in conformità con la legge comporta che i beni del trust sono separati dal patrimonio personale del trustee e che quest’ultimo abbia la capacità di agire in giudizio ed essere citato o di comparire in qualità di trustee davanti ad un notaio o altra persona che rappresenti un’autorità pubblica. In particolare, i creditori personali del trustee non posso sottoporre a esecuzione o sequestro i beni del trust, che sono separati dal patrimonio del trustee in caso di insolvenza di quest’ultimo o di sua bancarotta.

Tra gli altri strumenti posti a tutela del patrimonio si annoverano il fondo patrimoniale, l’atto di destinazione e il contratto di affidamento fiduciario.

Il primo è regolato dall’art. 167 C.C. secondo cui ciascuno, o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, al fine di far fronte ai bisogni della propria famiglia.

Un altro strumento simile è quello disciplinato dall’art. 2645-ter C.C. che pone un vincolo su taluni beni oggetto di destinazione, in modo da destinarli al perseguimento del fine per cui l’atto di destinazione medesimo è stato istituito.

In alternativa può essere utilizzato lo strumento del contratto di affidamento fiduciario, con cui un soggetto, l’affidante fiduciario, concorda con un altro soggetto, l’affidatario fiduciario, di destinare i “beni affidati” a vantaggio di uno o più soggetti, detti beneficiari, in virtù di un programma la cui attuazione è assegnata all’affidatario fiduciario che ne assume l’impegno.

Ai fini dell’azione revocatoria il profilo dell’intestazione del bene comporta la legittimazione passiva del trustee, in quanto titolare del diritto ceduto in base all’atto dispositivo e del quale si domanda l’inefficacia relativa. La legittimazione in giudizio nei confronti dei terzi spetta al trustee, il quale dispone in via esclusiva dei diritti conferiti nel patrimonio vincolato. L’interesse alla corretta amministrazione del patrimonio in trust non integra una posizione di diritto soggettivo attuale in favore dei beneficiari ai quali siano attribuite dall’atto istitutivo soltanto facoltà, non connotate da realità, assoggettate a valutazioni discrezionali del trustee; di conseguenza, deve escludersi che i beneficiari non titolari di diritti attuali sui beni siano legittimati passivi e litisconsorti necessari nell’azione revocatoria (Cass. 3.08.2017, n. 19376).

Autore: Gianluigi Fino – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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