Illegittima la videosorveglianza senza accordo sindacale o all’ITL

Sul tema della legittimità dell’installazione di sistemi di videosorveglianza idonei a riprendere i lavoratori durante l’attività lavorativa è intervenuto il Garante per la protezione dei dati personali con provvedimento del 2.03.2023, documento web n. 9880398, con il quale ha sanzionato un’importante catena internazionale di abbigliamento per aver posizionato, in alcuni punti vendita in Italia, sistemi di videosorveglianza senza il rispetto delle procedure previste dalla normativa.

Nel citato provvedimento, il Garante ha ribadito alcuni concetti. Innanzitutto, “i trattamenti di dati personali effettuati nell’ambito del rapporto di lavoro, se necessari per la finalità di gestione del rapporto stesso, devono svolgersi nel rispetto dei principi generali indicati dall’art. 5 del Regolamento UE 2016/679 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e, in particolare, del principio di liceità, in base al quale il trattamento è lecito se è conforme alle discipline di settore applicabili”.

Coerentemente con tale impostazione, l’art. 88 del Regolamento ha fatto salve le norme nazionali di maggior tutela (“norme più specifiche”) volte ad assicurare la protezione dei diritti e delle libertà con riguardo al trattamento dei dati personali dei lavoratori.

Il legislatore nazionale ha approvato il Codice in materia di protezione dei dati personali che, tra le condizioni di liceità del trattamento, ha stabilito l’osservanza di quanto prescritto dall’art. 4 L. 300/1970 (“gli apparati di videosorveglianza, qualora dagli stessi derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei dipendenti, possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e la relativa installazione deve, in ogni caso, essere eseguita previa stipulazione di un accordo collettivo con la rappresentanza sindacale unitaria o con le rappresentanze sindacali aziendali o, ove non sia stato possibile raggiungere tale accordo o in caso di assenza delle rappresentanze, solo in quanto preceduta dal rilascio di apposita autorizzazione da parte dell’Ispettorato del lavoro”).

L’attivazione e la conclusione di tale procedura di garanzia è dunque condizione indefettibile per l’installazione di sistemi di videosorveglianza, vista anche la situazione di sproporzione esistente tra la posizione datoriale e quella dei lavoratori.

Tale attivazione “non integra una mera formalità, né può qualificarsi, come invece sostenuto dalla Società, quale semplice mancanza di alcuni aspetti documentali”; come più volte sottolineato anche dalla giurisprudenza di legittimità, essa “tutela interessi di carattere collettivo e superindividuale, per cui, nel caso in cui il datore di lavoro non la attivi, la sua condotta lederà gli interessi collettivi a presidio dei quali è posta (Cass., sez. III pen., 17.12.2019, n. 50919)”.

Solo attraverso tale procedura, quindi, “potrà essere correttamente valutata l’idoneità a ledere la dignità dei lavoratori di strumenti tecnologici dai quali possa derivare un controllo a distanza dei lavoratori e potrà essere verificata l’effettiva rispondenza di detti impianti alle esigenze tecnico-produttive o di sicurezza”, non essendo sufficiente il fatto che i dipendenti siano informati della presenza dell’impianto attraverso informative brevi affisse nelle zone antistanti le zone oggetto di ripresa.

Autore: Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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