Una nuova sottile sfumatura del lavoro gratuito permessa dal nostro ordinamento giuridico.
Nel nostro ordinamento giuridico vige la presunzione di onerosità della prestazione di lavoro: nella generalità dei casi, il lavoro deve essere ricambiato da una retribuzione o compenso e non può quindi essere reso a titolo gratuito.
Tale presunzione è insita nei più fondamentali e risalenti precetti di legge, tra cui gli artt. 2094 e 2222 c.c., oltreché nella consolidatissima esperienza giurisprudenziale sul tema.
Tuttavia, in determinati casi, è ammessa una presunzione di gratuità della prestazione di lavoro, sebbene a fronte di particolari situazioni e/o esigenze che giustificano il venire meno del principio di onerosità. Ad esempio, questo avviene nel caso del volontariato o nel caso del lavoro familiare, aspetti in cui si privilegia il concetto di prestazione resa affectionis vel benevolentiae causa, ossia per motivi solidaristici e/o affettivi, e in cui viene meno la normale conflittualità tra parti, sottesa ai contratti di lavoro.
Orbene, in data 12.07.2023 viene siglato il protocollo tra l’INL e l’Associazione Nazionale Città del Vino, visti l’art. 1, cc. 502-505 L. 205/2017 e il D.M. 12.03.2019, con l’obiettivo di individuare regole di comportamento uniformi circa lo svolgimento della c.d. “vendemmia turistica”.
La stessa è da definirsi come “l’attività di raccolta dell’uva, non retribuita, di breve durata, episodica, circoscritta ad appositi spazi, avente carattere culturale e ricreativo, svolta da turisti e correlata preferibilmente al soggiorno in strutture ricettive del territorio e/o alla visita e degustazione delle cantine locali nell’ambito di un’offerta turistica di tipo integrato”, da non considerarsi quale rapporto di lavoro.
In buona sostanza, l’ordinamento apre il campo a una nuova tipologia di lavoro gratuito, chiaramente nel rispetto di determinati scopi, ovvero, in questo caso, al fine di permettere e regolamentare un nuovo tipo di esperienza turistica.
Il Protocollo sopra richiamato è utile per comprendere come la preoccupazione degli organi addetti al controllo sia rivolta al verificare la reale genuinità dell’esperienza, nella volontà di contrastare gli abusi e l’utilizzo improprio in frode alla legge.
Tra i molti aspetti, è stato stabilito che “L’attività è ristretta a poche ore alternativamente nella fascia oraria antimeridiana o postmeridiana e non può ripetersi per più di 2 volte nella stessa azienda vitivinicola nell’arco della stessa settimana” e, ancora, che “I filari della vendemmia didattica devono essere resi riconoscibili e distinguibili dai luoghi ove i vendemmiatori professionisti svolgono la vendemmia ordinaria, con l’apposizione di idonei cartelli, inoltre andranno indicate nella dichiarazione al S.U.A.P. o sportello equipollente le coordinate mappali (foglio e particella) avendo cura di escludere in maniera tassativa lo svolgimento promiscuo delle due attività”.
Alla stregua delle esperienze di volontariato, sono quindi stabiliti criteri rigidi e serrati da dover rispettare, che possono essere controllati nell’evidente esigenza di contingentare il lavoro gratuito esclusivamente alla fattispecie individuata.
Ovviamente, in linea con l’opportuna tendenza dei tempi attuali, la gratuità non rileva al fine del rispetto delle tutele in ambito salute e sicurezza, tenuto conto che “La vendemmia turistica dovrà svolgersi con modalità che assicurino la salute e sicurezza dei turisti, anche con riferimento alle attrezzature messe a disposizione degli stessi nonché agli indumenti e alle calzature indossate”.
In buona sostanza, l’ordinamento giuridico conferma, quindi, una volta ancora, la sua natura e le sue radici: il lavoro deve essere pagato e solo in alcuni casi, ben delimitati, può essere reso a titolo gratuito e, al di là di questo, la salute e sicurezza devono essere garantite per chiunque.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
Autore: Marco Tuscano – Sistema Ratio Centro Studi Castelli