Innovare non significa soltanto aggiungere funzionalità o potenziare le prestazioni. Un’interessante alternativa è rivolgere lo sguardo all’essenziale, a cosa possiamo togliere per accedere a nuove opportunità.
Cos’ha in comune il commercio di abiti usati con la biblioteca? O il passaparola con il frigo in terracotta? Potremmo rispondere in modo sintetico con l’espressione “basso profilo“.
In tutti questi fenomeni lo stato di necessità ha determinato la nascita di innovazioni che apparentemente rappresentano un passo indietro. Ma se non ci fermiamo alla superficie scopriremo potenzialità formidabili. L’approccio strutturato all’innovazione non è l’unica formula e nemmeno la più produttiva.
Figlio di una mentalità meccanicistica, si è rivelato spesso costoso ma avaro di ritorni significativi. In questo periodo storico, invece, è più che mai necessario non escludere approcci alternativi, magari meno ortodossi ma assai interessanti come il “basso profilo“.
Esaminiamo i nostri casi per capirne di più.
La vendita di abiti usati non si presenta come un’innovazione, ma nelle sue espressioni più recenti sta acquisendo quote di mercato crescenti davvero significative. I mercatini di tutto il mondo vendono abiti usati da decenni. L’idea è stata di aprire questo mercato a tutti i consumatori attraverso il web con semplicità. È stata quella di sfruttare la mobilità limitata per veicolare un nuovo modo di diversificare il proprio guardaroba a costi limitati. Risponde, inoltre, a una spinta ambientalista sempre più diffusa. Riduce il senso di colpa per gli acquisti d’impulso: “sarà stravagante e magari lo metterò poche volte ma poi posso sempre rivenderlo, e poi l’ho pagato poco“. Parliamo di un mercato così interessante da suscitare l’interesse dei grandi marchi.
In questo caso l’innovazione ha guardato verso il basso, verso un target medio, medio basso, sapendo di poter contare su margini limitati, ma ha colto nel segno.
E la biblioteca? Parliamo di un’innovazione molto antica. Eppure, anch’essa forgiata dalla necessità.
Come fare a diffondere la conoscenza in un’epoca in cui la stampa non esisteva e i libri erano oggetti molto rari? Creando un luogo dove quei pochi libri si potevano consultare, permettendo a più persone di farlo. E dopo la stampa? Quando i libri sono diventati decisamente più diffusi ed economici? La biblioteca ha avuto una seconda giovinezza. Grazie al fatto che in quel luogo si può godere di una quantità di titoli impensabili per l’uomo comune. Un altro prodigio della scarsità.
Beh, ma il passaparola cosa c’entra? Cosa ci trattiene dal promuovere un prodotto tramite campagne televisive o tramite ingenti investimenti in marketing digitale? L’entità dell’investimento e l’incertezza del suo ritorno. Anche in questo caso l’approccio classico non è il più efficace. Tutti noi abbiamo constatato il valore del passaparola, ma lo consideriamo un delizioso fenomeno spontaneo. Ma siamo certi che non si possa indurre? Numerosi esperti di marketing sono convinti di sì e sono nate intere strategie per facilitare questa pratica “spontanea“. Guarda caso si tratta di strategie “low cost“. Di nuovo la scarsità di mezzi ha determinato un nuovo filone di sviluppo.
Chiude la rassegna il frigorifero di terracotta. Forse il più rappresentativo degli esempi che ho scelto. Un artigiano indiano ha realizzato un frigorifero di terracotta che sfrutta il principio di raffreddamento prodotto dall’evaporazione dell’acqua. Il tutto senza consumo di energia e un costo dell’intero frigorifero pari a 25 euro. Siamo non solo di fronte ad un’invenzione che garantisce un considerevole rapporto costo-beneficio. Permette l’accesso a mercati impensabili per un comune frigorifero, ovvero a consumatori che non dispongono di energia elettrica con un basso o bassissimo reddito.
Questa storia e molte altre sono raccontate in un interessantissimo saggio dal titolo “Jugaad innovation“, uscito in Italia grazie all’editore Rubbettino e scritto non a caso da 3 ricercatori indiani.
Questa lettura vi accompagnerà nel promettente mondo dell’innovazione minimale. Un mondo popolato di ostacoli economici e strutturali, di mercati emergenti o laterali, di materie prime e risorse limitate.
Condizione quest’ultima che diverrà il paradigma dei prossimi anni sia per un fatto contingente che etico.
Quindi, ci siamo fatti domande come queste? Ovvero, posso produrre i miei prodotti riducendone le prestazioni ma anche i costi per rivolgermi ad un mercato più ampio? Posso trasformare una parte della mia produzione per raggiungere un mercato diverso anche se meno prestigioso? Ho considerato i vantaggi di produrre in white label, ovvero senza marchio?
Autore: Stefano Bottoglia – Sistema Ratio Centro Studi Castelli Srl