Uno dei principi di marketing più diffusi è quello della ricerca della soddisfazione del cliente. Concetto sacrosanto ma, nel tempo, è stato distorto creando un iniquo potere negoziale e relazionale tra chi vende e chi acquista.
Aziende, studi tecnici e consulenti hanno bisogno di clienti cui erogare prodotti e servizi. Siccome il mercato è globale, la concorrenza fa sì che ogni attività cerchi di attirare a sé più clienti possibili, corteggiandoli, lusingandoli, offrendo il meglio che può dare. L’obiettivo finale e l’etica di ogni trattativa prevedono che, a negoziazione avvenuta, entrambe le parti abbiano vantaggio da questa compravendita e siano entrambe equamente soddisfatte.
In questo libero mercato, la concorrenza ha sicuramente migliorato il servizio offerto; tuttavia, negli anni si sono generate alcune storture che penalizzano soprattutto chi vende. Vediamone alcune.
Cercare la soddisfazione del cliente – Come sopra indicato, siamo sicuramente tutti d’accordo, ma si è dimenticato che anche chi vende deve essere soddisfatto. E quando il cliente fa richieste assurde e impossibili da soddisfare? Alcuni operatori, probabilmente vivendo un senso di colpa, invece di spiegare chiaramente che la richiesta non può essere soddisfatta, si lamentano con la propria azienda del proprio prodotto e servizio e richiedono più vantaggi per il cliente: sconti, bonus, promozioni, dilazioni di pagamenti. Dimenticando che, se l’azienda lo accontentasse, non ci sarebbe più margine per continuare a lavorare.
Il cliente ha sempre ragione – Vorrei sapere chi è il genio che ha ideato questa grande, illogica, sciocchezza. Chi si relaziona con gli altri, chi acquista, chi vende, chi lavora, può sbagliare: ma perché la ragione deva averla sempre il cliente? Così si stravolge la corretta relazione tra chi compra e chi vende. In un contrasto è fondamentale capire dove è sorto il problema e come risolverlo, piuttosto che cercare di chi è la colpa. Se poi una delle due parti decide di fare una concessione all’altra per chiudere il contrasto, benissimo. Ma va fatto collaborando e concordando le azioni da attuare per evitare che in futuro il problema si ripeta.
Mi faccia lo sconto – Un servizio o un prodotto costa 100. Il cliente vuole lo sconto. Perché? A che titolo? Mi trovate una norma di legge che lo preveda? In quei 100 c’è il costo del prodotto, il costo della catena distributiva, le imposte statali e il margine di guadagno del lavoratore che lo sta vendendo, il suo “stipendio”. Per quale motivo dovrebbe ridurre il suo stipendio? Inoltre, in un rapporto paritario, perché chi deve calare è sempre il venditore? Il venditore potrebbe allora dire: “Il prodotto costa 100. Potrebbe venirmi incontro pagando 110?”. Se mi date un motivo valido, cambierò opinione.
Pagamento dilazionato – Anche in questo caso, è quasi sempre sbilanciato a svantaggio di chi vende. A parte certi servizi pagati anticipatamente, nel mondo del lavoro si sente spesso di pagamenti a 30/60/90, poi diventati anche 120, 150, 180.
Ovviamente “a fine mese data fattura” (mediamente altri 15 giorni in più), per poi prendersi ancora dai 5 ai 15 giorni di tempo per “gestire i pagamenti di fine mese”. La regola dovrebbe essere semplice: pagamento e servizio devono essere contestuali. Il cliente non ha i soldi ora? Nella sua banca saranno lieti di prestarglieli. Perché deve essere ancora chi vende a fare da banca ai clienti? Una corretta gestione amministrativa evita costi inutili che ricadono poi su entrambi.
Per concludere: soddisfare il cliente non significa accontentarlo sempre: ogni richiesta, da entrambe le parti, va ascoltata e, se accolta, va compensata.
Ricordatevi: se non si vince in due, prima o poi il perdente si vendicherà…
Autore: Eros Tugnoli – Sistema Ratio Centro Studi Castelli