Morti sul lavoro: serve più formazione

Lo scorso 25.07.2022 l’INAIL ha presentato il rapporto annuale che analizza le patologie professionali, gli infortuni e le morti sul lavoro accertate nel corso del 2021.
Con particolare riferimento agli incidenti mortali, si è registrata una diminuzione di quasi il 20% rispetto all’ anno precedente, tuttavia, su questo dato ha inciso notevolmente il Covid che, mentre nel 2020 aveva provocato 600 decessi, nel 2021 “soltanto” 200.

Al netto della pandemìa, quindi, le morti sono salite di circa il 10%, arrivando a totalizzare ben 685 casi, di cui oltre il 40% avvenuti “fuori dall’azienda“, vale a dire in occasione di lavoro con mezzo di trasporto, oppure nel percorso tra la casa e il luogo di lavoro. Anche questa componente è notevolmente aumentata nel 2021 in virtù del progressivo abbandono dello smart working sia nel settore pubblico che in quello privato.

Tirando le somme su questo delicatissimo fronte, possiamo dire che, pur avendo lo Stato conseguito notevoli successi dal Dopoguerra ad oggi, quasi 2 morti al giorno sono ancora un numero inaccettabile per una democrazia avanzata come la nostra.

Come arginare questa ecatombe? In un passaggio del rapporto, l’INAIL ha posto l’ attenzione sul “bisogno di una formazione di qualità per tutti gli attori coinvolti, affinchè il pilastro della sicurezza dei lavoratori rimanga sempre ben ancorato, pur adeguandosi ai cambiamenti del mondo del lavoro e tenendo in considerazione i diversi fattori che caratterizzano il nostro sistema economico e sociale, dalla molteplicità dei contratti all’ utilizzo di nuove tecnologie, dai rischi psico-sociali alla tutela dei lavoratori fragili“.
Nell’indicare, dunque, la formazione quale fattore decisivo per contrastare il fenomeno delle morti sul lavoro, in realtà l’INAIL ha indirettamente scoperto il vero tallone d’Achille del nostro sistema. In Italia, infatti, il problema degli infortuni sul lavoro tocca solo marginalmente le aziende medio-grandi che, nella maggioranza dei casi, sono ben strutturate e di conseguenza sufficientemente preparate ad affrontare tutte le misure normative ed ispettive. Investe molto più da vicino, invece, le numerosissime piccole aziende che caratterizzano il nostro tessuto produttivo, come quelle a conduzione familiare o le micro-imprese impegnate nei subappalti.

Queste ultime fanno molta più fatica a rispettare le prescrizioni normative e a sostenere i costi necessari per stare sul mercato. In tal senso, le spese legate alla formazione appaiono molto spesso come un fastidio, un onere superfluo e non, invece, un mezzo importantissimo per prevenire incidenti sul luogo di lavoro.

Occorre, pertanto, uno sforzo culturale dello Stato per cambiare approccio al tema della sicurezza e trasformiare l’apparato burocratico e sanzionatorio in un controllore intelligente che partecipi con propri funzionari alla formazione di queste imprese, magari intervenendo con finanziamenti ad hoc.

Proseguire sulla strada dell’inasprimento dei controlli o dell’incremento delle sanzioni, potrebbe rivelarsi inutile e controproducente.

Autore: Giovanni Pugliese – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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