“Non per offenderti…”

Come reagiamo quando qualcuno ci critica? Feriti nell’ego, non riusciamo a controllare l’istintiva reazione di difenderci o attaccare, ma non essendo una strategia efficace, l’invito è l’adozione di un’alternativa.

Non per criticarti, però…” ; “Non per offenderti ma…”. Chissà quante volte ci siamo sentiti dire queste frasi e, ammettiamolo pure, è stato come ricevere un pugno nello stomaco. Nella stragrande maggioranza dei casi ricevere una critica ci pone sulla difensiva.

La reazione di resistenza alberga nell’inconscio. Il cervello non comprende immagini e pensieri preceduti dall’avverbio di negazione. Provate a dire a qualcuno di non preoccuparsi e otterrete l’esatto contrario, perché la sua ansia crescerà in modo esponenziale. Quando ascoltiamo, ad esempio, l’interlocutore dire: “Non per offenderti”, il nostro dialogo interiore decodifica il messaggio al contrario: “Eccolo qui, ti pareva! Come si permette di offendermi?”.

La reazione alle critiche è stata ereditata da epoche remote. Quando gli avi vagavano nelle foreste ostili, in cerca di cibo per assicurarsi la sopravvivenza, spesso rischiavano di diventare loro stessi il pasto del giorno di un felino vagante. L’infelice incontro dava origine a un immediato rilascio di adrenalina, il cuore aumentava il suo battito per pompare più sangue ai muscoli e assicurarsi una velocissima fuga, degna del compianto Pietro Mennea.

Se il leone avesse, in alternativa, confinato il nostro antenato in una strada senza uscita, quest’ultimo avrebbe dovuto combattere per sopravvivere.

Quelle appena descritte sono le due reazioni che mettiamo in atto nell’agire quotidiano: la fuga e la lotta.

A pensarci bene, gli antenati non avevano scelta perché il prezzo in gioco era molto alto. Lottare o fuggire era l’unica scelta possibile per sopravvivere, ma oggi, per fortuna, le cose stanno diversamente.

Ora possiamo gestire le critiche in modo diverso disattivando le reazioni istintive appena citate. La prima cosa da fare è liberarci da un pregiudizio, ovvero, quello di assegnare ope legis una connotazione negativa. Anche se la forma comunicativa di chi ci giudica è dissonante non è detto che l’emittente del messaggio sia spinto da un animus nocendi, da biasimo o riprovazione. Certo, per una persona ipersensibile una critica non solo è demotivante, ma può addirittura essere devastante e di questo bisognerebbe sempre tenerne conto.

Andando al sodo della questione: qual è l’alternativa al combattere o al fuggire? Prendere tempo. Occorre domandarsi: “Cosa mi costringe a reagire immediatamente?” Ovviamente la rabbia. A mio avviso, disinnescarla è la migliore decisione. La tentazione di rispondere “a tono” trovando mille giustificazioni al proprio agire e discutere è come mettere legna nel camino quando avete già caldo.

Prendere tempo consentirà di capire bene cosa sia realmente accaduto. “Scusa, Carlo. Mi stai dicendo che avrei… è così? Mi dispiace. Tutto questo mi coglie di sorpresa. Dammi del tempo per riflettere su quello che mi hai appena detto. Ne possiamo riparlare in un altro momento?”

Ricordate, anche l’acqua bollente che renderebbe il nostro corpo irriconoscibile, quando la si allontana dal fuoco non fa più male. Anzi, si potrebbe persino bere.

Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Antonio Di Giura – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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