Parità di genere sul lavoro

Dalla nuova rendicontazione di sostenibilità, al rapporto biennale sull’occupazione maschile e femminile, fino alla certificazione della parità di genere: le imprese virtuose che si attivano per ridurre il gender gap vengono premiate.

Nel nostro quotidiano la parità di genere si considera rispettata quando iniziative, opportunità, lavori, occasioni e proposte sono rivolte indistintamente a chiunque, prescindendo da sesso, religione, etnia, status sociale. La disparità di genere più diffusa (o meglio, quella più conosciuta) è sicuramente quella femminile sui luoghi di lavoro, caratterizzato da minore partecipazione delle donne rispetto agli uomini, da retribuzioni più basse, carriere professionali più lente, premi e gratificazioni meno frequenti. Negli ultimi anni si sono fatti alcuni sforzi per colmare questo gender gap, che nel nostro bel paese è molto sentito: già nel lontano 2006 con l’introduzione del codice delle pari opportunità, nel 2011 con la normativa sulle quote di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate, nel 2012 la legge sugli equilibri negli enti locali e consigli regionali e nel 2017 anche nelle liste elettorali.

Venendo ad oggi, lo scorso 14.12.2022 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale UE la nuova direttiva 2022/2464 sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (CSRD), che imporrà alle imprese (eccetto le micro) di includere nella relazione sulla gestione le informazioni sui principi di sostenibilità, tra i quali rientrano anche i fattori sociali intesi come le condizioni di lavoro, l’uguaglianza, la non discriminazione, la diversità, l’inclusione e i diritti umani. Il bilancio delle imprese non si limiterà più a numeri e tabelle ma descriverà i modi con cui le questioni di sostenibilità influiscono sull’andamento di impresa, sui suoi risultati e sulla sua situazione. E chi non starà al passo, rischierà di essere abbandonato dagli stakeholders più attenti a questi temi.

In questa direzione si muove anche il rendiconto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile che, per il biennio 2022-2023, scadrà il 30.04.2024. Con le modifiche apportate dalla L. 162/2021 all’art. 46 del Codice delle pari opportunità (D.Lgs. 198/2006), tale obbligo è stato esteso alle imprese che occupano più di 50 dipendenti ampliando in modo significativo la platea di riferimento.

Sempre la L. 162/2021 con l’art. 4 ha anche introdotto la certificazione della parità di genere, con l’intento di premiare le imprese che la otterranno, promuovendo azioni per ridurre il divario esistente al loro interno. Il D.P.C.M. 29.04.2022 ha fissato nei parametri di riferimento nella Prassi Uni/Pdr 125:2022 del 16.03.2022 i KPI da rispettare per ottenere un punteggio sufficiente al rilascio della certificazione.

Le aree di intervento sono 6: cultura e strategia, governance, processi HR, opportunità di crescita e inclusione delle donne, equità remunerativa, genitorialità. Ad ogni area è attribuito un “peso” percentuale specifico nella valutazione dell’organizzazione aziendale ed a ciascun indicatore è associato un punteggio. Chi otterrà la certificazione potrà beneficiare di sconti contributivi, rating migliore nella partecipazione di appalti, vantaggi di immagine e reputazionali, maggiore attrattività nelle selezioni di nuovo personale.

La certificazione è senz’altro un concreto passo avanti per il raggiungimento di reali obiettivi finalizzati a ridurre il divario di genere. Infatti, è importante che tutta questa sensibilizzazione non rimanga solo sulla carta, imposta dalle regole fissate dai decreti ma si tramuti nella volontà delle imprese di creare un luogo di lavoro più equo e, quindi, più produttivo.

Autore: Roberta Jacobone – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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