Parità di genere tra premialità e condizionalità

Poche realtà si sono attrezzate per ottenere la certificazione, nonostante le misure in favore delle aziende che adottano politiche al femminile.

Non sono molte le imprese che nel 2022 hanno chiesto e ottenuto la certificazione della parità di genere. Non è tanto la complessità della procedura a scoraggiare le piccole imprese, quanto la minor sensibilità di queste strutture rispetto al significato e ai vantaggi che la certificazione consente di ottenere e che si possono tradurre in un miglioramento dell’immagine aziendale e della reputazione nonché in alcuni vantaggi di natura economica quali la riduzione dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, le agevolazioni nella concessione di contributi e finanziamenti da parte dello Stato e l’acquisizione di un elemento premiante nelle gare di appalto.

Con questi obiettivi è stata istituita la certificazione della parità di genere al fine di attestare le politiche e le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale e alla parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento pari Opportunità ha pubblicato il 14.02.2023 un

Avviso rivolto agli organismi di certificazione accreditati ai sensi del regolamento CE 765/2008 e abilitati al rilascio della certificazione della parità di genere in conformità alla Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022. L’intento è di formare un elenco di organismi che aderiranno alla misura di agevolazione per il processo di certificazione delle PMI prevista dal PNRR, per un totale di 5.5 milioni di euro, a valere sulle risorse del Next Generation EU, e di definire le modalità di rendicontazione ai fini dell’erogazione dei contributi per i servizi di certificazione della parità di genere. Per il rilascio della certificazione della parità di genere alle PMI sarà riconosciuto agli Organismi di certificazione, a titolo di rimborso, un importo fino ad un massimo di 12.500 euro Iva inclusa per ogni impresa, determinato sulla base dei tempi di audit previsti dal documento internazionale IAF MD 05. Sarà Unioncamere a curare l’attuazione dell’Avviso per la realizzazione dell’investimento del PNRR “Sistema di certificazione della parità di genere” a titolarità del Dipartimento.

Osserva il MEF nella guida pubblicata nel 2022 per analizzare gli interventi del PNRR che “Per sei Paesi, Italia, Estonia, Polonia, Austria, Cipro e Lituania del gruppo dei Paesi con situazioni di generale difficoltà per le donne, il Consiglio europeo ha esplicitamente raccomandato nel 2019 di sostenere la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, anche attraverso il miglioramento dei servizi di assistenza all’infanzia. L’attenzione volta ai servizi di cura deriva dalla circostanza che la nascita di un figlio diventa per molte donne un ostacolo alla ricerca, al mantenimento o al pieno coinvolgimento in una occupazione lavorativa”. Piani nazionali di ripresa e resilienza degli Stati membri sono stati valutati dalla Commissione europea secondo i criteri delineati nel Regolamento UE 2021/241. Un primo pacchetto di Piani relativi a 12 Paesi è stato approvato da parte del Consiglio europeo il 13.07.2021 per: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Portogallo, Slovacchia e Spagna.

Nel proprio Piano ogni Paese ha specificato, per le politiche di genere, come le misure del Piano che contribuiscono alla parità di genere e alle pari opportunità per tutti, si integrano con i principi 2 e 3 del pilastro europeo dei diritti sociali, il principio 5 degli SDGs e la strategia nazionale per l’uguaglianza di genere, ed in che modo il piano garantisce e promuove la parità tra donne e uomini.

L’introduzione di un sistema nazionale di certificazione della parità di genere mira, pertanto, ad affiancare le imprese nella riduzione dei divari nella crescita professionale delle donne e alla trasparenza salariale. In questo senso va interpretato il D.L. 77/2021, convertito in L. 108/2021, che con l’art. 47 trasmette un segnale di attenzione per le azioni positive e per l’occupazione femminile e quella giovanile anche se le misure previste si rendono applicabili ai soli appalti pubblici riconducibili ai Regolamenti (Ue) 2021/240 e 2021/241 e al Piano nazionale per gli investimenti complementari di cui al D.L. 59/2021.

Il citato art. 47 pone a carico delle stazioni appaltanti l’obbligo di inserire nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, specifiche clausole che stabiliscano criteri volti a promuovere l’imprenditoria giovanile, la parità di genere e l’assunzione di giovani con età inferiore a 36 anni e di donne di qualsiasi età. Salvo particolari situazioni, sarà requisito necessario dell’offerta l’obbligo di assicurare all’occupazione giovanile e femminile una quota pari almeno al 30% delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali. Le clausole potranno non essere inserite o la percentuale di tali assunzioni potrà essere inferiore al 30% quando l’oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi, che dovranno essere puntualmente indicati e motivati, ne rendano l’inserimento impossibile o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.

Ulteriori misure premiali inserite nei bandi di gara potranno prevedere l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo all’offerente o al candidato che si trovi in determinate condizioni, tra cui non essere stato destinatario, nei 3 anni antecedenti, di accertamenti relativi ad atti o comportamenti o relativi al mancato rispetto del divieto di licenziamento per causa di matrimonio o per gravidanza e maternità o aver utilizzato (o impegnarsi a farlo) strumenti di conciliazione delle esigenze di cura.

Emerge chiaramente la presenza di 2 fattori intesi a promuovere comportamenti virtuosi: la facoltà di adottare misure di premialità attribuita alle stazioni appaltanti, che possono prevedere nei bandi di gara un maggior punteggio alle imprese in possesso di certificazione di genere (art. 108, c. 7 D. Lgs. 31/3/2023). La condizionalità è invece un obbligo di legge che le stazioni appaltanti dovrebbero osservare per l’ammissione alle gare di appalto; dai pochi dati disponibili sembra però che solo poco più di 1/5 delle gare la includa.

Tra le misure intese a favorire la parità di genere l’art. 3 L. 162/2021 ha modificato l’art. 46 D.Lgs. 198/2006 e ha esteso l’obbligo di redigere un rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile alle aziende pubbliche e private che occupano oltre 50 dipendenti, prevedendo altresì per le aziende al di sotto di tale soglia la facoltà di redigere il rapporto su base volontaria, con le medesime modalità, per fruire di alcuni benefici. Il D.I. 29.03.2022 ha stabilito i contenuti del rapporto e le modalità di trasmissione dei dati: “Le aziende pubbliche e private che occupano oltre 50 dipendenti sono tenute a redigere un rapporto ogni 2 anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell’intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta”.

Il rapporto può essere redatto su base volontaria anche dalle aziende pubbliche o private che occupano fino a 50 dipendenti con evidenti vantaggi per quelle aziende che operano nell’ambito degli appalti pubblici.

Non si può, infine, non sottolineare che nelle raccomandazioni specifiche rivolte all’Italia per la costruzione del PNRR è stato richiesto di sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, garantendo l’accesso a servizi di assistenza all’infanzia e a investimenti per il miglioramento delle competenze. Il piano ha in tal senso previsto diverse misure intese all’aumento della parità nel mercato del lavoro con l’inserimento di incentivi all’imprenditoria femminile, il miglioramento ovvero l’ampliamento dei servizi di assistenza all’infanzia e un sistema nazionale di certificazione della parità di genere per le imprese; il miglioramento e l’aggiornamento dei percorsi di studio per l’acquisizione di competenze digitali, scientifiche, tecnologiche e linguistiche per donne e l’assunzione di ricercatori donne.

Autore: Maria Rosa Gheido – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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