L’agire imprenditoriale come tipica manifestazione dell’essere.
Per il filosofo Elias Canetti, rappresenta una conclusione logica che il potere sia strettamente collegato alla sopravvivenza: colui che sopravvive coincide inevitabilmente con colui che acquisisce potere, stato accelerato ed acuito dalla presenza di difficoltà contingenti. In questa logica estrema appare evidente come il potere stesso per la propria affermazione abbia in una qualche misura bisogno della morte. Nella tesi espressa in una sezione dell’opera “Massa e Potere” (1960) la massima rappresentazione di questo concetto è racchiusa nella metafora dell’essere umano che si trova di fronte alla fine. L’uomo nella situazione descritta è portato dal proprio essere a provare 3 diversi sentimenti: incredulità, terrore e sollievo.
L’incredulità rappresenta una sensazione dominante rispetto all’istinto: non si vuole credere alla fine poiché essa è negazione della progettualità. Conseguentemente, credere in generale nella cessazione dell’esistenza significherebbe credere in una forma di annullamento del tutto contraria all’esperienza vissuta, caratterizzata da desideri ed azioni decisamente mirati verso l’affermazione personale.
Ma nell’essere umano esiste, nitida, una forte componente razionale. In questo senso, la sensazione di incredulità si trasforma in una sorta di consapevolezza del proprio stato, a questo punto del tutto (o quasi) indipendente dalla propria volontà individuale. Nel momento in cui l’uomo realizza di trovarsi di fronte alla fine, in altre parole, l’incredulità si trasforma in vero e proprio terrore.
Il terrore diviene quindi un sentimento incombente che provoca impotenza e sottomissione. Filosoficamente parlando, la paura incontrollata immobilizza l’uomo, impedisce l’azione e, in questo senso, nega il divenire facendo inesorabilmente tramontare ogni possibilità di reazione e confronto. La paura, invece, conservando in sé un oggetto in qualche modo identificabile, può trasformarsi nell’uomo consapevole in potenzialità, autodefinendosi come un sentimento che spaventa ma che si sente di poter affrontare, combattere e magari sconfiggere. La capacità di conversione del sentimento istintivo in reazione e potenzialità diventa così una caratteristica tipica dell’uomo che mira all’autodeterminazione. Lo stato tipico di tale facoltà è rappresentato per Canetti dalla forza che nello stato di crisi caratterizza l’essere consapevole, colui che gestendo i propri sentimenti trae dal dubbio e dal confronto le necessarie risorse per emergere trasformando spesso la difficoltà in opportunità. Anche la razionalità però potrebbe non essere sufficiente, a causa del suo poggiarsi esclusivamente su basi consolidate e collaudate.
In questo senso, già per Erasmo da Rotterdam (1511) la “follia” assume un ruolo centrale per la rinascita: saggio è colui che si lascia guidare dalle passioni, trascendendo la mera ragione e superando in questo modo il limite posto dalle circostanze. La capacità di osare, unita ad una forte consapevolezza e alla necessaria umiltà, fa dell’uomo un soggetto in grado di superare ogni difficoltà contingente.
Per Canetti però il pericolo è dietro l’angolo: nel momento in cui si acquista la consapevolezza che la morte ha colpito qualcun altro, il terrore può lasciare spazio al sollievo, trasformando in preda il soggetto passivo. Al contrario di ciò che accade per terrore e paura, solitamente il sollievo dinanzi alla fine viene celato agli altri e a sé stessi perché la soddisfazione nell’essere sopravvissuti non è socialmente accettabile, con il conseguente isolamento dell’uomo e indebolimento della propria facoltà di affermazione. La battaglia rappresenta di conseguenza l’unico stato in cui l’uomo isolato mantiene la propria forza: in questo contesto, infatti, chi sopravvive si appropria della vita degli altri e diventa più forte. Il nemico diventa a questo punto il potenziale individualismo.
Secondo Canetti, questo rappresenta un atteggiamento tipico dell’uomo mediocre, che nella vita di tutti i giorni non ha la possibilità di sperimentare alcun potere, ma può farlo in guerra trasformando il conflitto in luogo in cui si sperimentare l’esaltazione della propria sopravvivenza.
Ma questa non può rappresentare vera affermazione, perché genera gli stessi sentimenti da cui è nata creando una sorta di pericolosa involuzione che si traduce in staticità e permanere dello stato di crisi dell’essere umano. Il venir meno delle responsabilità sociali, della condivisione del progresso, del confronto, dell’altruismo, rappresenta in altre parole un aggravarsi dello stato di difficoltà e non una soluzione. L’agire imprenditoriale, tipica manifestazione di libertà, è una vera rappresentazione, molto più che simbolica, dell’essere.
Autore: Cristiano Corghi – Sistema Ratio Centro Studi Castelli