Birra agricola, definizione e aspetti normativi

Il D.M. 212/2010 ha segnato una svolta nel panorama normativo nazionale, riconoscendo la birra come prodotto agricolo, il birrificio agricolo come azienda integrata nella produzione e nella vendita diretta di birra agricola e la produzione di malto come attività connessa, ai sensi dell’art. 2135 C.C., ai fini delle imposte sui redditi.

Le caratteristiche, affinché la birra possa essere considerata agricola, sono:
produzione dell’agricoltore che coltiva l’orzo;
– prevalenza, nella realizzazione del prodotto, della materia prima di propria produzione rispetto a quella acquistata da terzi;
– prevalenza nella maltazione dell’orzo.

Si sottolinea nuovamente il principio della prevalenza, nel mondo agricolo prevista dall’art. 32 TUIR. In questo contesto, si confronteranno, in primo luogo, il valore dei due ingredienti fondamentali: malto d’orzo e luppolo. La criticità principale consiste nel fatto che l’orzo viene normalmente prodotto dalle aziende agricole; al contrario, il luppolo non viene coltivato ma quasi sempre acquistato da aziende terze.

Il secondo aspetto, invece, è legato alla maltazione dell’orzo: pochi produttori possono permettersi di costruire un impianto senza incorrere nel rischio di contaminazione del proprio orzo con quello di altri produttori (affidando a terzi il servizio).

L’associazione in gruppi o consorzi risolve in parte l’annosa questione: l’orzo prodotto all’interno delle aziende viene conferito al consorzio e subisce il processo di maltazione, per poi essere restituito al proprietario. Anche in tale caso, tuttavia, a meno che un produttore non conferisca importanti quantità di orzo, ogni birrificio non utilizzerà esclusivamente il proprio malto, bensì il malto prodotto dall’intero consorzio.

Un’ulteriore soluzione potrebbe essere costituita dalla coltivazione del luppolo nelle aziende agricole: l’art. 36 L. 154/2016 introduce la promozione e il miglioramento delle condizioni di produzione, trasformazione e commercializzazione del luppolo e dei suoi derivati nel nostro Paese, tramite il finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e per i processi di prima trasformazione, per la ricostituzione del suo patrimonio genetico e per l’individuazione di corretti processi di meccanizzazione. Inoltre, sempre in tale direzione, la L. 145/2018 (legge di Bilancio 2019) ha ridotto le accise che attanagliano il settore dal punto di vista fiscale.

In conclusione, si ricorda che ai fini IVA, la birra non è uno dei prodotti compresi nella prima parte della tabella A allegata al D.P.R. 633/1972; pertanto, alla vendita della birra non può applicarsi il regime speciale IVA (art. 34, c. 1 D.P.R. 633/1972).

Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Paolo Lacchini – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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