Emozioni al lavoro

Quante volte ci è capitato di programmare tutto alla perfezione e poi dover ammettere che, nonostante la cura e l’attenzione che ci mettiamo, il nostro programma non si realizza? Riorganizzazioni finite nel nulla, progetti di espansione miseramente falliti, risanamenti aziendali non riusciti. L’esserci affidati a consulenti capaci e l’ottima qualità dei progetti non sono sufficienti a garantirne il successo, non perché le nostre idee non siano valide o perché non ci impegniamo ma perché non si tiene conto della parte emozionale delle organizzazioni.

Si sente spesso parlare di organizzazione razionale, di processi che devono essere prima pensati, poi realizzati, poi verificati e infine rimodulati. Però le organizzazioni sono formate da persone, con le loro singole personalità e modi di fare.

Con le loro emozioni, che possono ostacolare o agevolare anche la minima programmazione e che hanno un peso determinante nel raggiungimento degli obiettivi prefissati. Tutto ciò è irrazionale e può non avere un senso se ci fermiamo alla superficie delle cose e non andiamo un po’ più in profondità, esplorando il mondo nascosto (e talvolta anche preoccupante) delle emozioni.

Rabbia, invidia, gelosia, paura, sospetto alimentano resistenze e possono rallentare qualsiasi processo, anche quello impostato nel migliore dei modi e che ci ha visto impegnare tutte le nostre risorse. La reazione più frequente è quella di far finta di niente, di trascurare la parte emozionale facendo finta che non esista.

Pochissimi consulenti se ne occupano, colpevolizzando i titolari di non essere in grado di attuare le strategie decise insieme. E a loro volta i titolari o si sentono inadeguati o scaricano la colpa del mancato successo sui consulenti, accusandoli di aver sbagliato e di non essere stati abbastanza bravi.

Difficile dire chi ha ragione, ammesso che qualcuno ce l’abbia. Sicuramente è il primo passo da fare è capire o almeno l’aver cercato di capire le emozioni delle persone che compongono l’organizzazione, che sono direttamente coinvolte nei processi di cambiamento e ne sono quindi gli attori principali.

Poi è necessario gestire l’emozione altrui, e qui viene il difficile, perché molto spesso non riusciamo nemmeno a riconoscere le nostre emozioni, tantomeno a gestirle o a gestire quelle degli altri. Però la via del successo passa da qui, dal riconoscere quanto di emozionale c’è nei comportamenti delle persone sul lavoro e nel non nasconderlo facendo finta di niente.

Foto: archivio Qdpnews.it
Autore: Emanuela Barreri – Sistema Ratio Centro Studi Castelli

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