L’economia stagnante obbliga le imprese a diverse strategie

Da almeno 10 anni l’economia tricolore non mostra segnali di vitalità e l’unico vero punto di forza per le nostre imprese è rappresentato dall’export, che è sempre in crescita. Se ciò è indubbiamente vero e costituisce un motivo di soddisfazione per un Paese che di fatto non ha materie prime disponibili, ma trae i suoi principali “benefici” dalla trasformazione dei prodotti (in particolare, dalle cosiddette “4A”: agroalimentare, abbigliamento-moda, arredo-casa e automazione) è facile osservare che le imprese che non fanno parte o non riescono a entrare a far parte di queste “catene del valore”, scontano notevoli difficoltà.

Al riguardo un dato su tutti appare significativo: nel commercio (tradizionale) chiudono 14 negozi al giorno e rispetto al 2011 si contano 32.000 negozi in meno (fonte Confesercenti). Ebbene, si potrà dire che ciò è un segno dei tempi, i consumi sono cambiati, Internet ha sovvertito il mercato, i grandi player erodono quotidianamente larghe fette di mercato, e così via.

Non vi è alcun dubbio che gestire una impresa oggi sia molto più complesso che 10 o 20 anni fa. Tuttavia, l’imprenditore, in particolare quello a capo della micro-piccola impresa, non può più permettersi di “rinviare” le proprie scelte contando sul fatto che per molti anni (forse troppi) le cose sono andate bene senza di fatto modificare l’organizzazione/gestione della propria azienda.

Occorre quindi un cambio culturale e che la strategia aziendale venga opportunamente valutata, finanche arrivando a scelte dolorose come la constatazione che il “ciclo di vita” della propria impresa è giunto al termine. Infatti, in un mercato/settore maturo gestito con logiche obsolete, è evidente che margini positivi siano difficili da raggiungere.

E se guardiamo le numerose pubblicazioni che periodicamente monitorano gli scenari delle imprese, questa lunga crisi oramai ci fa capire che non si tratta di un periodo passeggero (ancorché molto lungo), ma che di fatto siamo dinanzi a un cambiamento più profondo, epocale: per fare impresa con dei margini positivi, contribuendo a remunerare tutti i fattori della produzione, occorre valutare costantemente la strategia aziendale da mettere in atto o da modificare.

Per fare ciò, si dovrebbero valutare anche gli scenari a breve che possono influenzare le diverse attività (questi si possono trovare in una tabella riepilogativa sul sentiment delle Imprese nel Bollettino economico della Banca d’Italia n. 3/2019).

In conclusione, l’imprenditore è chiamato a verificare sempre in modo più tempestivo se il posizionamento e la strategia aziendale siano allineati con il prodotto/servizio che viene offerto. Ed ancora, a mero titolo esemplificativo: se i canali di vendita sono appropriati, se la struttura organizzativa è adeguata (es. come efficientarla anche ricorrendo all’evoluzione digitale) e se la propria situazione economica, patrimoniale e finanziaria è in equilibrio e non evidenzia cause o fattori di allerta.

L’assenza di crescita dell’economia sta portando difficoltà, soprattutto per le realtà di micro o piccola dimensione. Di conseguenza, è necessario un cambio culturale per rivedere le proprie posizioni.

Alessandro Pescari

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