Lavorare sino al parto? Finalmente si può

Grazie a una circolare dell’Inps il via libera a un diritto molto controverso.

La possibilità di lavorare fino al parto e di conseguenza quella di fruire del congedo di maternità nei 5 mesi successivi, è in vigore dal 1.01.2019, introdotta per l’appunto con la legge di Bilancio 2019. Tuttavia, a causa di alcune difficoltà applicative, la misura è rimasta in sospeso per quasi un anno, precisamente fino al 12.12.2019, data di pubblicazione della circolare Inps n. 148/2019 che ha fornito istruzioni operative a riguardo.

Condizione essenziale per l’esercizio di tale opzione è che il medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale, nonché il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, attestino l’assenza di controindicazioni per la salute della gestante e del nascituro. Ottenuta tale documentazione sanitaria, la lavoratrice interessata deve presentare domanda telematica all’Inps, tramite patronato oppure contact center, entro i 2 mesi che precedono la data presunta del parto.

Naturalmente, la scelta della lavoratrice di avvalersi della facoltà in argomento rappresenta una mera alternativa alla modalità tradizionale di fruizione del congedo di maternità ante e post partum; ne discende che è possibile rinunciarvi solo prima dell’inizio del periodo di congedo ante partum, ossia prima dell’ottavo mese di gravidanza.

Nell’ipotesi in cui, invece, dovesse insorgere un periodo di malattia prima del parto, tale evenienza comporterebbe inevitabilmente l’impossibilità di avvalersi dell’opzione, costituendo un rischio per la gestante o il nascituro che di fatto ha l’effetto di superare il giudizio medico precedentemente rilasciato. In ogni caso, l’interruzione della flessibilità, sia essa per fatti volontari o accidentali, determina da quel momento l’inizio del congedo obbligatorio.

Quanto all’applicabilità dell’istituto nei casi di tempo parziale, la circolare precisa che laddove il congedo di maternità non ricada totalmente nella fase lavorativa, ma abbracci anche i periodi di pausa contrattuale (c.d. part-time verticale o misto), l’indennità viene comunque erogata per tutti i 5 mesi, ovviamente riproporzionata in ragione della ridotta prestazione lavorativa.

Qualora poi si dovesse verificare il simultaneo svolgimento di più rapporti di lavoro a tempo parziale, la facoltà di astenersi dall’attività lavorativa esclusivamente dopo il parto deve essere opzionata per tutti i rapporti e alle medesime condizioni.

Delineato il quadro normativo entro cui esercitare il diritto in questione, la possibilità di lavorare sino al termine della gestazione provoca giudizi molto discordi, soprattutto in campo medico. Se una corrente di pensiero la valuta positivamente perché aiuta a mantenersi in attività, un’altra pone invece l’accento sul maggior impegno metabolico per la donna nell’ultimo mese, sull’appesantimento dell’organismo e sull’eventuale necessità di sottoporsi a controlli non programmati.

Anche sul fronte sindacale e giuslavoristico le perplessità non mancano. In particolare, viene osservato che un diritto è tanto più effettivo, quanto più è inderogabile. Introdurre margini di deroga potrebbe esporre le lavoratrici, specie quelle più deboli e precarie, a ricatti e pressioni del datore di lavoro.

Autore: Giovanni Pugliese

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