Si deve ritenere legittimamente concluso l’iter, alla stregua di quanto accade per le comuni notifiche personali: il rifiuto del destinatario di ricevere copia di un atto che si tenti di notificargli a mani proprie, equivale ad avvenuta consegna.
La disciplina delle comunicazioni telematiche effettuate dalla cancelleria prevede che il mancato buon esito della comunicazione di un provvedimento giurisdizionale, dovuto alla saturazione della capienza della casella di posta elettronica del destinatario, legittimi l’effettuazione della comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria, ai sensi e per gli effetti dell’art. 16, c. 6 D.L 179/2012 e successive modifiche (Cass. 20.05.2019, n. 13532).
Lo stesso dicasi per le notifiche dell’ufficiale giudiziario (art. 149-bis c.p.c.): se eseguite a mezzo di posta elettronica dall’ufficiale giudiziario, si intendono perfezionate nel momento in cui il gestore “rende disponibile” il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario.
È onere del difensore in tale caso provvedere al controllo periodico della propria casella Pec, anche per l’espresso disposto dell’art. 20, c. 5 D.M. 44/2011: “il soggetto abilitato esterno sia tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare la effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione”.
Benché il disposto del decreto, data la natura secondaria della fonte, non sia di per sé applicabile in via analogica a tutti i casi di notifica, la Suprema Corte (Cass. 11.02.2020, n. 3164) ha ritenuto che sia onere del difensore controllare la disponibilità di spazio della propria casella di posta elettronica proprio in relazione all’art. 149-bis c.p.c., ove l’espressione “rendere disponibile”, individuando un’azione dell’operatore determinativa di effetti potenziali e non una condizione di effettività della potenzialità dal punto di vista del destinatario, giustifica la conclusione che tutte le volte in cui l’atto da notificare sia reso disponibile dall’operatore, ma non possa giungere nell’effettiva disponibilità del destinatario per causa a lui imputabile (per essere, appunto, la casella satura), la notifica si intenda perfezionata, con la conseguenza che il notificante possa procedere all’utilizzo dell’atto come se fosse stato notificato.
Tale orientamento è del resto in linea con quanto previsto in riferimento all’esecuzione della notifica da parte dell’avvocato, ai sensi dell’art. 3-bis L. 53/1994, il cui comma 3, individuando il perfezionamento della notifica dal momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna, si presta a essere inteso nel senso che a tale ricevuta debba equipararsi anche quella con cui l’operatore attesta l’aver rinvenuto la casella di Pec piena.
In tal caso, essendo la mancata consegna dovuta a colpa del destinatario, che ne ha impedito di fatto il perfezionamento (dolosamente o colpevolmente), si deve ritenere perfezionato l’iter notificatorio, alla stregua di quanto accade per le comuni notifiche personali: il rifiuto del destinatario di ricevere copia di un atto che si tenti di notificargli a mani proprie, equivale ad avvenuta consegna (art. 138 c.p.c.).
Autore: Andrea Barbieri