Riders: stesse tutele dei lavoratori subordinati

Con sentenza n. 1663/2020 la Cassazione estende le tutele previste per i dipendenti anche ai fattorini che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore.

La sentenza della Corte di Cassazione 24.01.2020, n. 1663 conferma la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 4.02.2019, che aveva accolto il ricorso di un gruppo di riders volto a ottenere l’applicazione delle protezioni proprie del lavoro subordinato, modificando parzialmente la motivazione ma senza minarne la sostanza.

Gli Ermellini, richiamando il “vivace dibattito dottrinale” che ha accompagnato l’entrata in vigore dell’art. 2, c. 1 D.Lgs. 81/2015 (Jobs Act), riassumono le soluzioni interpretative della norma emerse in questi ultimi anni: una prima via è quella di riconoscere ai lavoratori delle piattaforme digitali i tratti della subordinazione, sia pure ammodernata ed evoluta; una seconda immagina l’esistenza di una nuova figura intermedia tra subordinazione ed autonomia, che sarebbe organizzata nella “etero-organizzazione”; la terza è quella di ricondurre la fattispecie nel lavoro autonomo, dove tuttavia i modelli interpretativi si diversificano notevolmente, essendo peraltro tutti riconducibili nell’ambito di una nozione ampia di parasubordinazione; infine vi è l’approccio rimediale, che identifica in alcuni indicatori normativi la possibilità di applicare una tutela rafforzata nei confronti di alcune tipologie di lavoratori, cui estendere le tutele dei subordinati.

La sentenza torinese aveva di fatto accolto la seconda interpretazione, ritenendo che il citato articolo del Jobs Act istituisse un tipo legale di lavoro intermedio tra lavoro subordinato e autonomo, quello appunto del lavoro “etero-organizzato”: una sorta di tertium genus, al quale si sarebbero dovute applicare alcune tutele proprie del lavoro subordinato compatibili con la sua struttura, tra cui gli standard retributivi minimi e le regole in materia di igiene e sicurezza, ma non la disciplina dei licenziamenti.

La Cassazione, invece, non ha riconosciuto la creazione di questo tertium genus e per motivare il proprio punto di vista ha cercato di contestualizzare la riforma del lavoro del 2015, riconoscendo che si inseriva in una serie di interventi normativi con i quali il legislatore ha cercato di far fronte, approntando discipline il più possibile adeguate, alle profonde trasformazioni degli ultimi decenni nel mondo del lavoro, che hanno inciso profondamente nei tradizionali rapporti economici.

Nello specifico, attraverso il Jobs Act, “il lavoro subordinato a tempo indeterminato è stato indicato come modello di riferimento nella gestione dei rapporti di lavoro”; in coerenza, per evitare abusi o elusioni, il legislatore ha quindi stabilito che “quando l’etero-organizzazione, accompagnata dalla personalità e dalla continuità della prestazione, è marcata al punto da rendere il collaboratore comparabile ad un lavoratore dipendente, si impone una protezione equivalente e quindi l’applicazione integrale della disciplina del lavoro subordinato”, compresa la disciplina dei licenziamenti.

Per applicare l’intero insieme delle protezioni, dunque, non occorre più accertare il carattere subordinato della prestazione, cioè il suo pieno assoggettamento al potere direttivo dell’imprenditore, ma basterà accertare il tratto distintivo dell’etero-organizzazione.

Autore: Giorgia Granati

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