In realtà le difficoltà applicative dell’art. 25, D.L. 19.05.2020, n. 34, sono più di una e impediscono, in molte situazioni, di determinare con certezza sia i requisiti di accesso, sia l’importo spettante. Lo spaventevole meccanismo Iva.
Uno dei primi problemi da risolvere in relazione all’art. 25 del “Decreto Rilancio” (D.L. 19.05.2020, n. 34), è verificare se il contribuente rientri fra i soggetti ammessi dall’art. 25 al contributo a fondo perduto. Rispetto alle prime bozze del provvedimento, la versione finale del decreto contiene infatti un’esclusione generalizzata per tutti i lavoratori dipendenti e per i professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria. Si tratta di una barriera poco giustificabile che dovrebbe, questo almeno è l’auspicio di molti, trovare un’equa soluzione nel corso dei prossimi lavori parlamentari di conversione del decreto.
Una volta appurata l’appartenenza del contribuente ai soggetti aventi diritto al contributo a fondo perduto, occorrerà poi controllare, da un punto di vista meramente oggettivo, che non abbia superato il limite di 5 milioni di euro di ricavi o compensi nel corso del periodo d’imposta precedente a quello 2020. I contribuenti che hanno superato tale soglia sono infatti esclusi, sulla base del già citato art. 25, c. 5 D.L. 34/2020. Siccome per la quasi generalità dei contribuenti il periodo d’imposta precedente è il 2019, tale verifica richiederà la predisposizione, della dichiarazione dei redditi di tale annualità, quantomeno a grandi linee, nei quadri relativi ai redditi d’impresa e/o di lavoro autonomo.
Ma la verifica più complessa è senz’altro quella relativa alla contrazione del fatturato o dei corrispettivi del mese di aprile 2020 rispetto a quelli del mese di aprile 2019. Tale contrazione, che deve essere tale per cui i dati di aprile 2020 siano inferiori ai 2/3 rispetto a quelli di aprile 2019, deve essere effettuata prendendo a riferimento “la data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione di servizi” in luogo della semplice data fattura. Ciò comporta, pertanto, la necessità di riesaminare, una ad una, le singole fatture emesse in tali mesi per verificare la corretta competenza dell’operazione ai fini della normativa Iva. Per effetto di tale disposizione, i 2 mesi dovranno perciò essere depurati o integrati degli importi relativi a fatture emesse in altri mesi (tipicamente marzo o maggio) ma di competenza Iva del mese di aprile.
Errori in questo “ricalcolo” dei fatturati potrebbero costare cari. L’art. 25, c. 14, infatti, prevede che nel caso di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante, si applica, in aggiunta alle sanzioni amministrative, anche l’art. 316-ter c.p. “indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato”.
A tali questioni occorre aggiungere un altro paio di dubbi: come si deve effettuare il calcolo in relazioni ad attività che gestiscono le liquidazioni Iva con il c.d. metodo per cassa o a coloro che operano in regimi particolari e che non hanno né fatturato, né corrispettivi da utilizzare per tale verifica?
Alcuni dubbi potrebbero essere dissipati dal provvedimento direttoriale che dovrà predisporre sia il modello di domanda per la richiesta del contributo, sia le modalità di accesso. Alla luce di quanto descritto appare dunque evidente che ai possibili beneficiari toccherà un vero e proprio percorso ad ostacoli.
Autore: Andrea Bongi