Tecnostress, no grazie

Scoprite il vaccino contro queste situazioni: esiste ed è già stato sperimentato con successo.

Anche se non conoscete l’esatto significato del termine “tecnostress” riuscite a intuire il disagio a cui si riferisce. Chi non ha mai lanciato parolacce e persino percosse ai nostri amici computer durante l’uso? Ciò che non conosciamo è la portata negativa di questo fenomeno sulla produttività e sulla qualità della vita. Un recente studio dell’Università Bicocca di Milano afferma che queste interferenze possono divorare fino al 30% del nostro tempo lavorativo oltre ad effetti psicologici dannosi difficili da quantificare.

Ma capiamo di cosa si tratta.

Tecnicamente si tratta di un insieme di sollecitazioni da sovraccarico di informazioni e da senso di inadeguatezza alla gestione delle stesse. I destinatari principali sono gli operatori del terziario avanzato ma sono sempre di più i lavoratori che devono confrontarsi con una mole crescente di informazioni. Il sovraccarico si manifesta sia con la quantità di informazioni che con la proliferazione dei canali.

Negli anni 70 c’erano soltanto telefono e posta, oggi la lista è molto cresciuta (telefono, posta, e-mail, Skype, Whatsapp, social, ecc.). E quel che è peggio è che tutti si aspettano risposte quasi immediate. La maggior parte degli interlocutori si aspetta una reazione in pochi minuti e si preoccupa se passa qualche ora. L’inadeguatezza invece si manifesta quando non riusciamo ad usare con efficacia gli strumenti.

Abbiamo accennato alle conseguenze generali, ma gli effetti nel dettaglio? Prima di tutto problemi di concentrazione. La necessità di reagire all’arrivo di frequenti messaggi e aggiornamenti provenienti dai media più disparati ci induce a verificarne il contenuto e spostare l’attenzione continuamente. Questa discontinuità incide sulla capacità decisionale, sulla capacità di approfondire e quindi sul rendimento. Si crea un senso di insoddisfazione, acuito dalle difficoltà di utilizzo degli strumenti già citate.

A lungo andare, oltre a un generale calo della qualità della vita lavorativa, si manifestano veri e propri sintomi fisici come il mal di testa, nausea e dolori muscolari legati alla postura. Ma siamo proprio inermi o possiamo attenuare il fenomeno? Gli studi hanno dimostrato che ci sono 2 strategie di contenimento: una aziendale e una individuale.
Quella aziendale consiste in formazione e organizzazione.

Quella individuale su autodisciplina e una gestione equilibrata delle proprie risorse psicofisiche.

Un buon piano di formazione permanente è il primo passo fondamentale. Riserviamo uno spazio adeguato alle nuove tecnologie e agli aggiornamenti delle stesse. Il fronte organizzativo coinvolge vari aspetti: dalla definizione dei ruoli e delle mansioni a un corretto e condiviso metodo di archiviazione e di comunicazione. Se ci capita spesso di “perdere” un documento che risale a poco tempo fa, dobbiamo investire tempo nei criteri di archiviazione. La lista potrebbe continuare a lungo ma molto dipende anche dall’autodisciplina.

Siamo in grado di pianificare il nostro tempo? Siamo abituati a creare spazi impenetrabili? Fasce orarie in cui nessuno può disturbare? Avete stabilito una frequenza “ragionevole” di consultazione delle e-mail e di altra messaggistica? Avete abituato i vostri contatti ai vostri tempi di reazione? Avete stabilito una suddivisione rigida tra il tempo lavorativo e quello libero?

Queste sono solo alcune delle aree di miglioramento. La trappola nella quale non dobbiamo cadere è quella del “sempre disponibili”. Molto meglio valorizzare al massimo il tempo pianificato che dedichiamo a un cliente o a un collega piuttosto che offrirgli una generica e spesso frammentaria disponibilità permanente.

L’ultimo capitolo somiglia alla scoperta dell’acqua calda. Trattatevi bene e sarete meno attaccabili dal tecnostress. Preferisco esplicitare cosa significa, correndo il rischio di essere banale. Attività motoria, sport, contatto con la natura, rilassamento, corretta alimentazione, no fumo e alcool. Facile a dirsi ma un po’ meno a farsi, però non dobbiamo rivoluzionare tutto e subito, cominciamo con un primo passo.

Autore: Stefano Bottoglia

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