Infortunio mortale: quando si può parlare di colpa di organizzazione dell’ente nell’ambito del D.Lgs. 231/2001?
La Corte di Cassazione, sezione IV penale, si pronuncia nuovamente con la sentenza 11.01.2023, n. 570, sul tema della distinzione tra l’accertamento della colpevolezza della persona fisica, in relazione al reato presupposto, e quello della sussistenza della colpa dell’ente, c.d. colpa di organizzazione.
Nel caso di specie, infatti, alla società S.p.A. era stato contestato l’illecito di cui all’art. 25-septies, D. Lgs. 231/2001, in relazione all’omicidio colposo di un dipendente a seguito della violazione delle regole cautelari poste a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Sennonché, la Suprema Corte giunge all’annullamento della sentenza impugnata, ritenendo che i giudici di merito non avessero adeguatamente motivato la sentenza con riferimento alla sussistenza della colpa di organizzazione dell’ente e del vantaggio da questo conseguito in termini di riduzione dei costi. Invero, la Corte sottolinea come non si possano sovrapporre e confondere i 2 profili di responsabilità del datore di lavoro e dell’ente, che vanno accertati dal Giudice in modo autonomo ed in concreto.
La mancanza del modello o la sua inidoneità non comportano automaticamente la responsabilità dell’ente in relazione all’evento. L’idoneità del modello va valutata ex ante al fine di verificare che l’evento non è da ricondurre a una decisione negligente ed occasionale dell’autore persona fisica, ma che risponde a una politica imprenditoriale di sistematica violazione delle regole cautelari poste a tutela della sicurezza dei lavoratori.
È onere del Giudice, quindi, motivare in modo rigoroso in relazione alla sussistenza della colpa di organizzazione, elemento costitutivo dell’illecito dell’ente, senza apparenti argomentazioni che facciano generico riferimento alla sussistenza di un vantaggio dell’ente non specificamente individuato in concreto, soprattutto laddove lo stesso si sia dotato del modello e di tutte le cautele prescritte in materia antinfortunistica. Solo la ricorrenza di queste carenze organizzative, atte a determinare il verificarsi dell’evento, può giustificare il rimprovero e l’imputazione dell’illecito (per fatto proprio) all’ente collettivo.
In altre parole, la ricorrenza delle carenze organizzative, atte a determinare le condizioni di verificazione dell’evento (alias reato presupposto) giustifica il rimprovero e l’imputazione dell’illecito all’ente che, in tal caso, risponde per fatto proprio. Per questi motivi, la colpa di organizzazione deve essere rigorosamente provata e motivata, senza illegittime sovrapposizioni con la colpevolezza del responsabile del reato (soggetto apicale o sottoposto).
Alla luce di queste argomentazioni, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte territoriale non avesse adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza della colpa dell’ente, c.d. colpa di organizzazione, nonché con riferimento al collegamento causale con il reato presupposto, indicando quale deficit organizzativo avesse in concreto determinato il verificarsi dell’evento.
Autore: Gianluigi Fino – Sistema Ratio Centro Studi Castelli