Trump vs Zelensky: focus sul potere negoziale in una trattativa

Donald Trump, presidente degli USA

In una trattativa ci si concentra troppo sul problema da risolvere e un po’ meno sull’effettivo potere negoziale dei protagonisti. Ma se una parte è debole, perde. Cosa si può fare?

In questi giorni abbiamo assistito all’incontro/scontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky. Avrete anche seguito tutti i commenti e le polemiche che sono avvenute successivamente.

Oggi proviamo ad esaminare questo episodio in ottica di gestione della trattativa, in particolare dal punto di vista del Potere Negoziale. Chiaramente non entro in commenti politici o valutazioni di parte, ma mi focalizzo su alcuni spunti utili per chi, come tutti noi, deve quotidianamente negoziare situazioni sicuramente meno impegnative di una guerra mondiale.

Il primo fattore da considerare è il grande sbilanciamento di potere negoziale dalla parte di Trump.

Non solo per la differenza di forza tra i due Stati e per un “credito” degli USA verso l’Ucraina per gli aiuti sin qui erogati, ma anche perché la “partita” (trattativa) si giocava pure in casa degli USA. Se ci fossero le scommesse, secondo voi, a che quota sarebbe data vincente l’Ucraina? Ma non è tutto.

Mentre Zelensky era solo, Trump aveva pure l’appoggio in Studio Ovale del suo Vicepresidente J.D. Vance. Inoltre, Trump aveva convocato tutti i vari organi di stampa, come ovviamente si fa in questi casi, anche sapendo che questo modifica ulteriormente il Potere Negoziale.

Quando due persone negoziano, se la trattativa avviene in luogo privato ha un significato, ma se avviene in pubblico o con altri protagonisti, comunicazione e risultati avranno un indirizzo completamente diverso. In questo caso, Trump non parlava solo con Zelensky, ma con i suoi elettori e con alcune centinaia di milioni di persone nel mondo, compresi tutti i Capi di Stato.

Facciamo un esempio più vicino a noi: avete in programma un appuntamento con una persona per una trattativa e, quando vi incontrate, oltre alla controparte vi trovate un’altra persona o altre persone.

Intanto è buona educazione e cortesia, se si ha l’appuntamento con qualcuno, avvisarlo che all’incontro ci saranno anche altre persone. Ma probabilmente lo avremo fatto anche noi, diverse volte, in assoluta buonafede, magari la persona in più era un nostro assistente o un collega.

Ma se fosse una strategia per metterci in difficoltà? Se la posta è alta, spesso lo è. Quindi occorre difenderci e ribattere, con diplomazia ma fermezza, per esempio facendo notare subito il fatto che ci siano persone non concordate.

Vi pare un po’ invadente? Potrebbe sembrare così, tuttavia tenete presente che dalla parte del torto non ci siete voi, ma l’altro. Un po’ come quando dobbiamo sollecitare un pagamento in ritardo: ci si sente quasi in imbarazzo, ma la colpa è del ritardatario, non vostra.

Torniamo all’incontro “sbilanciato”: prima di iniziare a parlare, almeno informiamoci su chi sono le persone presenti e che ruolo hanno: “Bene, piacere di conoscervi: voi di cosa vi occupate?”

Non dovete temere di chiederlo, sia per il motivo sopra citato, sia perché loro sanno perfettamente chi siete voi e qual è il vostro ruolo?

Cosa fare in questi casi, quando si è una così chiara posizione di debolezza? Non sono un esperto di etichetta internazionale, nel caso Trump-Zelensky ci sono mille altre sfaccettature; tuttavia, nella situazione in cui una persona si trovasse inaspettatamente in una posizione di grande debolezza, suggerirei assolutamente di chiedere di poter parlare privatamente solo con gli interlocutori concordati o, in alternativa, di rimandare l’incontro, facendo affiorare la scorrettezza strategica della controparte.

Se non lo fate rischiate solo una bruttissima figura o un pessimo accordo.

(Autore: Eros Tugnoli – Sistema Ratio)
(Foto: archivio Qdpnews.it)
(Foto di proprietà di Dplay Srl)
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