Un consumismo aperto tra sostenibilità ed etica

Per la corretta attuazione di un modello economico di successo occorra tenere nella massima considerazione il rapporto inscindibile che lega l’uomo alla politica economica ed all’ambiente.

Nel contesto geopolitico attuale, appare via via sempre più evidente come per la corretta attuazione di un modello economico di successo occorra tenere nella massima considerazione il rapporto inscindibile che lega l’uomo alla politica economica e all’ambiente, allo scopo palese di “non mettere in pericolo la continuazione della vita umana sulla terra” nonché, con uguale attenzione, attuare una politica di pianificazione dello sviluppo, al fine di “minimizzare la sofferenza umana”.

Coerentemente, la definizione degli obiettivi e delle scelte che concernono il mantenimento di stati dinamici di equilibrio strutturale sia economico, sia ecologico, sia sociale, dovranno in un futuro prossimo costituire il punto di partenza per una vera e propria scienza dell’intero sistema. Soltanto così sarà possibile arrivare alla equa attribuzione dei benefici e delle conseguenze derivanti dal meccanismo distributivo del benessere, governato e determinato a sua volta dalle variabili “produzione” e “consumo”.

Innovativo? In realtà non più di tanto.

Già alcuni decenni fa, K.W. Kapp (1910-1976) si era già espresso evidenziando come per l’economista, nell’affrontare l’indagine teorica ed empirica connessa al proprio ruolo, non fosse in alcun modo possibile prescindere in prospettiva da un esame attento delle relazioni esistenti tra il sistema economico e gli altri sistemi.

Ciò deriverebbe dall’evidente interdipendenza di tali relazioni, suffragata dal fatto che una parte degli stessi parametri che descrivono il sistema sociale è influenzata direttamente dalle variabili che usualmente sono allacciate al sistema economico. Secondariamente, gli elementi di ogni sistema risulterebbero legati stabilmente da rapporti di causalità definibili come circolari (avvengono in un determinato tempo) e dinamici (soggetti a mutamenti di natura esogena).

Da qui la concezione base del sistema economico occidentale, concepito come “sistema aperto”, intendendo con questo che la globalità del processo economico classico (allocazione di risorse, produzione, distribuzione e consumo) non può concretizzarsi senza l’esistenza di flussi di scambio bidirezionali con gli altri sistemi che regolano la vita sociale.

L’economia di un sistema sociale efficace, in parole molto più semplici e comuni, non può in alcun modo arrivare a scontrarsi con l’etica, e questo rappresenta (questa volta si in maniera innovativa) un cardine anche nel pensiero economico prima ancora che nella sua attuazione.

L’ipotesi formulata da Kapp arriva addirittura a individuare come aspetto fondamentale il primato dell’etica sociale sull’economia pura, evidenziando come risultato della propria teoria un modulo fondato sull’analisi e l’oggettivazione di una serie di bisogni individuali e collettivi, procedimento attuabile a patto che si verifichi nella società un riconoscimento del significato assoluto di determinati valori.

Il concetto di costo sociale, inteso come prezzo da pagare in conseguenza di imperfezioni del sistema non è più un elemento riconducibile ad una nozione fittizia e monetizzabile secondo criteri di mercato, ma si correla in quest’ottica ad un’attenta analisi dell’impatto sociale insito nella politica economica. Lo stesso vale per il beneficio, definito come il complesso di rendimenti ed utilità generati dalle attività produttive private che, secondo spunti di matrice keynesiana, può avere accezioni diverse se riferito al singolo oppure alla collettività.

La rivoluzione sta nel fatto che per cercare di determinare costi e benefici non si ha più a che fare con elementi di mera natura numerica, ma con fattori che rappresentano forze di un sistema comunque equilibrato e che, in quanto tali, sono riconducibili a postulati e valori che si trovano al di fuori della sfera puramente scientifica.

Sparisce così anche la falsa dicotomia esistente in ottica ortodossa tra fine e mezzo. Nel pensiero di Kapp, infatti, la relazione esistente tra le due variabili è considerata reciproca piuttosto che univoca, e l’immediata conseguenza è rappresentata dal fatto che la macroeconomia deve occuparsi di adattare reciprocamente fini e mezzi partendo da un capillare processo di indagine sociale, che ricerca, elabora ed esprime numerose alternative possibili, da rapportare alle variabili economiche classiche (domanda, offerta, mercato, consumo, prezzi).

Ecco che numerosi fattori considerati dall’economia come dati di fatto si possono trasformare addirittura nel problema da risolvere, dovendo essere a loro volta visti come variabili dipendenti.

La metamorfosi degli equilibri tra distribuzione delle risorse, produzione e consumo può a questo punto considerarsi completata, insieme all’ideale percorso verso la sostenibilità: l’economia in un contesto di questo tipo dovrebbe semplicemente mostrare la via migliore per il raggiungimento degli obiettivi che l’individuo prima e la collettività poi si sono posti in modo coordinato ed efficace, confrontandosi con l’ambiente, la tecnologia, l’etica, la società.

Autore: Cristiano Corghi – Sistema Ratio Centro Studi Castelli
Foto: archivio Qdpnews.it
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