L’idea che la reintroduzione di una specie si traduca nel “lancio” di un certo numero di individui è un’idea che non ha alcun significato, almeno ai sensi della gestione della fauna selvatica.
La reintroduzione di una specie è un’operazione di gestione faunistica estremamente elaborata, che si traduce in una serie di azioni che prevedono studi e analisi predittive sia per la specie oggetto di reintroduzione sia per l’ecosistema di cui farà parte.
Le analisi predittive sono quelle che, in base alla conoscenza scientifica della specie oggetto di reintroduzione (cioè la sua biologia) e alle relazioni tra la stessa e le altre specie (compresa la nostra!), ci indicano cosa dobbiamo fare e cosa non dobbiamo fare per garantire una sana convivenza.
La reintroduzione dell’orso in Trentino è stata un’operazione di gestione faunistica che ha seguito i tutti i protocolli previsti dalla scienza e dalla normativa italiana ed europea.
E’ stato compilato un piano d’azione che descriveva, puntualmente, tutto quello che dovevamo fare e non fare per mantenere una popolazione di orsi trentini.
Perché allora, in una popolazione di un centinaio di orsi trentini, è avvenuta la tragedia della morte di un giovane e perché ci si presta ad abbatterne un numero significativamente distante da quanto previsto dalla sua biologia?
Gli “orsi problematici” esistono in natura e, se vogliamo condividere la nostra vita con quella di questo magnifico animale, non dobbiamo avere alcun dubbio, ogni orso problematico deve essere rimosso dalla popolazione.
In natura, dove esistono popolazioni di qualche migliaio di orsi, quelli problematici rappresentano dall’1% al 3% delle intere popolazioni.
Perché “da noi” il numero è diverso? Cosa non ha funzionato? Cosa non sta funzionando? Quali sono le cause? Cosa stiamo facendo per ridurle?
Le risposte prevedono che si confrontino verità scientifiche e verità amministrative, ma nel frattempo perché non attivarsi per evitare che gli orsi “vedano” nella nostra specie una fonte di cibo a costo zero?
Il primo comandamento per la convivenza con la fauna selvatica è “NON FORNIRE FONTI DI CIBO”.
Se gli orsi (e non solo loro!) non trovano cibo attorno e dentro i paesi, lo cercano altrove smorzando così la confidenza verso paesi e uomini.
Forse ancora oggi più che una seria comunicazione scientifica serve proprio un’educazione alla presenza di specie selvatiche.
Aspettiamo i cassonetti anti orso da 20 anni… e intanto un altro orso se n’è andato, che tristezza!
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