Tanti commentatori di televisioni e carta stampata l’hanno sottolineato con forza, a volte anche con accenti poetici: l’attesa di piazza San Pietro per l’annuncio dell’avvenuta elezione del nuovo Pontefice, la cosiddetta “fumata bianca”, è stato un evento planetario che ha parlato in maniera straordinaria di umanesimo, lentezza, altezza e profondità al tempo della velocità del digitale, dello strapotere dei social, della comunicazione onnivora che sembra non ammettere pause e silenzi, meditazioni e distanze temporali, cura della riservatezza e della privacy nei momenti più importanti delle decisioni personali e comunitarie.
Insomma, proprio la colonna ben visibile di fumo salita al cielo dal comignolo della Cappella Sistina alle 18.07 di giovedì 8 maggio, colorata di bianco, per dare notizia a tutti che il nuovo papa era stato prescelto nel Conclave dei 133 cardinali, ha rappresentato un elemento di incredibile interesse, in tutti i continenti, a ogni fuso orario, nelle terre più lontane.
Un rito che si perde nella notte dei tempi e riesce a conquistare la ribalta, l’assoluta prima pagina, proprio perché “breaking news”, notizia di rottura e in totale controtendenza rispetto agli standard moderni dell’informazione e della vita sociale. Infatti, un mezzo primitivo come la stufa, il fuoco che brucia le schede utilizzate per le votazioni, il fumo che sale verso il cielo ed è seguito dagli occhi attentissimi di milioni e milioni di persone in diretta tv e streaming: tutto questo può essere all’inizio “fumata nera”, tutto questo diventa alla fine, prima o dopo, l’attesissima “fumata bianca”, quasi un segno di rivincita, pratico, manuale, naturale, rispetto ai sofisticati meccanismi e ai segnali impercettibili che derivano dalla tecnologia multimediale avanzata della nostra epoca, ogni giorno sempre più potente ed eterea al tempo stesso.
L’acquisito, il classico, lo sperimentato, il conosciuto – come si può dire sicuramente della fiamma che alimenta il fumo – diventa in piazza San Pietro, in mondovisione, straordinariamente attrattivo ed efficace. Chi ha vissuto questo momento, anche nella recentissima occasione dell’elezione del successore di papa Francesco, testimonia di un avvenimento portentoso, quasi non rappresentabile attraverso i nudi discorsi, le parole di sempre. Chi ha sperimentato la visione in diretta di quella cortina leggera di fumo bianco, in salita verso il blu del cielo, riferisce di una sensazione indicibile, di un sentimento fortissimo, di una emozione gigantesca.
Abituati a tutt’altro nella nostra vita quotidiana, come orari e come stress, abbiamo dovuto rallentare, fermarci, attendere. Con pazienza, noi che siamo impazienti e veloci. Ne ha scritto molto bene Antonio Polito all’indomani dell’elezione del nuovo Pontefice, il cardinale Roberto Francesco Prevost, che per sé ha scelto il nome di Leone XIV. “A differenza del gabbiano, che si è goduto il suo quarto d’ora di celebrità a fianco del comignolo più famoso del mondo – ha evidenziato il noto giornalista e scrittore – per noi mortali l’attesa della fumata bianca è stata uno stress. Sintesi di una procedura così lenta che più lenta non si può, ci ha cambiato la percezione del tempo. Per un giorno solo, certo; ma anche così il risultato finale è un prodigio. Abituati come siamo allo scatto frenetico dei secondi digitali, quei lunghi minuti vuoti ci sono sembrati un’eternità”.
Ancora: “Ho sempre pensato che la soluzione del comignolo e della fumata sia un’ingegnosa trovata per costringerci a guardare in alto, verso il Cielo. Cosa che, differenza del gabbiano, facciamo sempre meno”. E’ vero: in piazza, a casa, in ufficio, in tutti i luoghi di lavoro, di aggregazione e di svago nei quali stavamo attendendo quell’esito tanto auspicato, non riuscivamo a staccare lo sguardo dalla sommità dell’antico palazzo del Vaticano, dalla quale attendavamo notizie e certezze che parlassero dall’alto dei cieli ai nostri cuori in terra, capaci di colmare il vuoto che si era creato con la morte del papa arrivato dalla “fine del mondo”.
Credenti o non credenti, eravamo ansiosi e trepidanti nell’attesa, a differenza dei famosi gabbiani, a turno placidi e incuranti sul tetto della dimora, a fianco del comignolo, come se nulla stesse accadendo. All’improvviso, invece, senza suoni e preavvisi, arriva il fumo, chiaro, netto, immediatamente decifrabile: non è più nero, come la sera del 7 maggio, come a metà giornata dell’8 maggio. E’ bianco, e segna la grandiosa novità: il rito si compie, la tradizione s’invera, la storia dell’umanesimo cristiano ritrova vigore, radici e verità, nella modernità. “Ma la cosa più sorprendente è che l’epoca più tecnologica e mediatica della storia dell’umanità – osserva Polito – si sia inchinata a questa procedura millenaria, rilanciandola e amplificandola anzi come un “meme” dell’eterno. E’ l’immutabile che prende il controllo dell’immediato”.
Proprio così: da quel preciso istante si susseguono la potenza gigantesca della voce in risposta della piazza, l’entusiasmo di chi osserva in diretta l’evento, il suono festoso delle campane di San Pietro, le bande musicali che arrivano e si posizionano sotto la Loggia delle Benedizioni per le loro esecuzioni. E poi alla fine, dopo una nuova attesa, il famoso “Habemus Papam”, ossia la comunicazione Urbi et Orbi di chi sarà il successore di Pietro. Sono gli effetti della “fumata bianca”, vivissima, formidabile, eccezionale e particolare come la sua frequenza nella storia dell’umanità. L’altezza di un destino, la profondità di un annuncio, la lentezza di un percorso elettivo che si realizza dentro la magnificenza della Cappella Sistina, sotto lo splendore del Giudizio Universale di Michelangelo. Per un tempo breve, certo, solo ventiquattro ore, ma tutto cambia. Rimane l’auspicio, ma soprattutto l’impegno: sia fumata bianca, ogni giorno, per noi, per i nostri valori, per le nostre azioni di vita buona, per le nostre esistenze in pienezza.
(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
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