Avvertiamo tutti la necessità di una novità pacifica e serena nella vita dell’intera umanità, proprio in questo tempo nel quale condividiamo lo sgomento, l’inquietudine e la preoccupazione per le guerre, i conflitti e le situazioni di crisi molto gravi e diffuse a livello internazionale.
Lo sentiamo di più, paradossalmente, proprio in questi giorni che vedono ormai in pieno svolgimento la XXXIII edizione delle Olimpiadi a Parigi, dove fino al prossimo 11 agosto si sfideranno atleti da tutto il mondo in competizioni di svariate discipline sportive tradizionali e moderne, dai grandi classici come le gare di atleticao di nuoto, fino alle “new entry” come la breakdance. Il barone Pierre de Coubertin, alla fine del XIX secolo, ebbe l’idea di organizzare dei giochi simili a quelli dell’antica Grecia: le prime Olimpiadi dell’era moderna si svolsero ad Atene nel 1896.
Sono passati ben 128 anni da allora: i Giochi Olimpici nella capitale francese – che per 19 giorni catalizzeranno l’attenzione e l’interesse degli appassionati di tutto il mondo – vedranno gareggiare 10.500 atleti, provenienti da 206 delegazioni, in 32 sport differenti, suddivisi a loro volta in varie specialità, con competizioni maschili, femminili e miste, come nel caso delle staffette. Certo, oggi sono cambiate tante cose, realtà e contesti rispetto alla prima edizione ateniese dell’età moderna, e ancor più dai tempi dell’antica Grecia. In particolare – ed è il nostro argomento di riflessione odierno – la grande differenza tra i Giochi moderni e quelli antichi risiede nella pace. Durante le Olimpiadi dell’antica Grecia, infatti, questo periodo di contese sportive metteva a tacere ogni altro conflitto tra le polis partecipanti, dalle contese politiche e commerciali alle guerre dichiarate. La tregua olimpica era un’istituzione sacra e inviolabile che costringeva a congelare persino le inimicizie personali, pubbliche o private che fossero.
Proprio per il valore di quest’antica usanza è giunto fino a noi il modo di dire “calma olimpica”, che utilizziamo per esprimere uno stato di tranquillità assoluta e inalterabile. Ma parliamo di tempi lontanissimi. Durante le Olimpiadi moderne, infatti, la pacificazione olimpica non ha mai potuto prendere il sopravvento sulle ostilità. Al contrario, le Olimpiadi hanno dovuto cedere al passo alle due guerre mondiali: una prima volta nel 1916, quando venne annullata la sesta edizione dei Giochi che avrebbe dovuto tenersi a Berlino, e quindi durante la seconda guerra mondiale, quando il conflitto impose la cancellazione della dodicesima edizione prevista nel 1940 a Tokio, e della tredicesima fissata per il 1944 a Londra. Per non parlare della tragica violazione della tregua olimpica avvenuta con l’attentato terroristico all’edizione di Monaco 1972, che vide l’uccisione di atleti e tecnici israeliani.
Una “calma olimpica”, insomma, mai raggiunta con le Olimpiadi dell’era moderna: viviamo purtroppo un’epoca in cui non è possibile abbandonare l’odio nemmeno per un mese ogni quattro anni, chiamarsi fuor dalle conflittualità per qualche breve settimana, dimenticare le rivalità spinte e le contrapposizioni velenose e cattive per un periodo limitato. Almeno una pausa, uno stop, un’interruzione. Cambiare registro, segnare il passo, modificare un comportamento che tutti a parole riteniamo deprecabile, inaccettabile, foriero di danni e di sventure. Quanto servirebbe un’autentica “calma olimpica”, davvero, tradotta in fatti concreti e non solo evocata come felice rimando a tradizioni che appartengono a un lontanissimo, irripetibile passato! Sicuramente, tutto questo sarebbe necessario e urgente sul piano della politica internazionale e degli organismi di cooperazione a livello mondiale, chiamati nel loro ruolo a mettere in atto le strategie e le iniziative diplomatiche utili a porre un freno ai conflitti e a risolvere le controversie locali tra i popoli e le nazioni che insanguinano il pianeta, in maniera ormai insopportabile soprattutto alla luce dei un’umanità che sembra non aver capito nulla della tristissima realtà delle guerre nella storia, capaci di produrre soltanto lutti, devastazioni e rovine ai danni di intere generazioni.
Certo, servirebbero statisti illuminati che riuscissero a dire un “no” definitivo alle armi e alle azioni belliche come “strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, così come recita l’articolo 11 della Carta Costituzionale della Repubblica Italiana. In più, occorrerebbe sul serio benedire e gustare la “calma olimpica” non come semplice tregua e pausa momentanea tra conflitti aperti e ostilità conclamate, ma come aspirazione durevole, frutto operoso, espressione concreta di una via nuova e definitiva alla pace come valore supremo e inestimabile che coinvolga l’intera umanità del nostro tempo.
A cominciare da noi stessi, dalle nostre famiglie, dai luoghi del nostro lavoro, del nostro relazioni e del nostro impregno sociale. Serenità, tranquillità, benessere del cuore e della mente, senso di fraternità e di convivialità nei rapporti con glia altri: tutto questo sarebbe veramente importante ai nostri giorni, oltre i conflitti, le gelosie, le superbie e le invidie che dividono e mettono le persone le une contro le altre. Inutilmente, con l’unico effetto di oscurare il bene possibile e di far prevalere incomprensioni, negatività, tristezze e male di vivere. Ricordiamoci di tutto questo, mentre guardiamo felici le bellissime imprese dello sport dei XXXIII Giochi Olimpici di Parigi, che uniscono il mondo in un unico, grande abbraccio di solidarietà e di pace.
(Autore: Redazione Qdpnews.it).
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