Clementi


Si tratta di un aggettivo che il giornalista e scrittore Francesco Jori ha esplicitato in riferimento a Giorgio Lago alcuni giorni orsono, in occasione della presentazione a Treviso del volume con la raccolta di testi “Il mio Veneto e altri scritti” del già direttore del Gazzettino ed editorialista dei quotidiani veneti dell’allora gruppo L’Espresso, grande interprete del Nordest scomparso prematuramente nel marzo di vent’anni fa. Jori ha parlato di Lago come di un uomo “clemente” con tutti, che fino all’ultimo ha esortato  le persone a “volersi bene”, quale significativo messaggio della sua vita di “uomo vero e di giornalista libero”. Clemente, dunque.

Questo termine ormai poco usato nella prassi quotidiana delle nostre relazioni, da un lato perché un po’ desueto, dall’altro perché poco in linea con lo spirito dei nostri tempi, spesso infarciti di rapporti tesi, conflittuali e ostili fra gli individui, con poche o nulle concessioni alle ragioni di una doverosa comprensione reciproca. Secondo l’enciclopedia Treccani, “clemente” è colui che “manifesta comprensione e mitezza, benevolo, benigno, generoso, indulgente, magnanimo, misericordioso, mite, pietoso, tollerante, umano”.

Una parola, insomma, che va diritta al cuore dei sentimenti, che mette in rilievo il senso profondo di umanità, che fa risaltare quanto di meglio possa offrire il nostro cuore per comprender le ragioni proprie e altrui, primo fattore di edificazione, di collaborazione e di pace a livello interpersonale e di comunità. Sì, perché tutto comincia da se stessi, dalla giusta stima di stessi, dalla matura considerazione di quello che siamo e del valore inestimabile della nostra esistenza.

La necessaria autostima, insomma, che ci fa guardare con occhi riconciliati ed equilibrati alla sostanza della nostra vita, ai traguardi ottenuti, agli insuccessi patiti, ai cambiamenti messi in atto, alla quantità di progetti, azioni e affetti che abbiamo avviato e provato. Le persone con valida autostima dimostrano una maggiore perseveranza nel riuscire in un’attività che le appassiona o nel raggiungere un obiettivo a cui tengono, e sono invece meno determinate in un ambito in cui hanno investito poco.

Si tratta di soggetti più propensi a relativizzare un insuccesso e ad impegnarsi invece in nuove imprese che le aiutano a dimenticare. Al contrario, una bassa autostima può condurre ad una ridotta partecipazione e a uno scarso entusiasmo, che si concretizzano in situazioni di demotivazione in cui predominano disimpegno e disinteresse. Vengono riconosciute esclusivamente le proprie debolezze, mentre vengono trascurati i propri punti di forza. Spesso si tende a evadere anche dalle situazioni più banali per timore di un rifiuto da parte degli altri. Si è più vulnerabili e meno autonomi. Le persone con una bassa autostima si arrendono molto più facilmente quando si tratta di raggiungere un obiettivo, soprattutto se incontrano qualche difficoltà o sentono un parere contrario a ciò che pensano.

Serve una lettura serena, pertanto, senza essere troppo severi, esosi, austeri e pretenziosi con noi stessi. Clementi, dunque, riscoprendo il cammino fatto che abbiamo alle spalle senza ingabbiarlo in giudizi sommari e negativi, privi delle giuste considerazioni legate alla nostra storia, alla nostra educazione, al tempo nel quale abbiamo operato, alle risposte date allora ed inevitabilmente collegate a una fase precisa del nostro percorso, con le sue caratteristiche peculiari e particolari. Se invece siamo inclementi, e ci abbandoniamo a processi sommari su quello che abbiamo fatto e sugli errori che magari abbiamo compiuto, corriamo il rischio di chiuderci rispetto al presente e al futuro, di limitare le nostre prospettive, di deprimere voglia di fare ed entusiasmi sulle cose nuove che abbiamo davanti, di avere una considerazione statica e negativa sulla nostra identità e sulle nostre potenzialità.

Si pone invece la necessità di avere uno sguardo buono e favorevole rispetto a noi stessi e a quello che abbiamo posto in essere, senza emettere sentenze inappellabili sul nostro conto, sui nostri sentimenti, sulle nostre responsabilità. Certo, non dobbiamo esimerci dall’ammettere colpe, sbagli, valutazioni errate, avendo però il buon senso di non infliggerci condanne inappellabili e definitive. Perché la vita è una vicenda “in progress”, soggetti a continui cambiamenti e sfide, e conteranno alla fine per ciascuno di noi la costanza, la coerenza, la temperanza, la resistenza alle nostre stesse fatiche e fragilità, la capacità di risalire dopo essere caduti. E sarà importante, decisivo, coltivare un animo aperto e disponibile, realista e ottimista al tempo stesso, benevolo, mite e compassionevole che ci accompagni per le opere e i giorni del nostro vivere, non da soli, ma insieme agli uomini e alle donne del nostro tempo.

Solo persone così riconciliate con se stesse potranno diventare clementi, benigne, comprensive e magnanime verso il prossimo, verso coloro che  incontrano e portano spesso il peso di storie difficili, di situazioni delicate, di errori inevitabili e non voluti, di esperienze complicate che non vanno giudicate con cipiglio severo ed intransigente, rigido e inflessibile, ma prima di tutto capite, ascoltate, accolte, accompagnate con senso vivo di comprensione e di benevolenza. D’altronde, non a caso, l’uomo clemente Giorgio Lago, ha continuato a insistere, fino all’ultimo, sulla necessità di “volersi bene” come valore fondante, creativo e lungimirante per la costruzione di una società coesa di vita buona e di nuovo umanesimo.

(Autore: Redazione di Qdpnews.it)
(Foto: archivio Qdpnews.it)
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