E poi arrivano le stagioni della vita in cui in cui le vicende della fragilità della condizione umana appaiono in tutta la loro evidenza.
Si vorrebbe deviare, bypassare, tornare indietro, evitare di doversi confrontare con la dura realtà, ma tutto questo non risulta possibile.
Sono situazioni costitutive della nostra essenza, della nostra storia di uomini e di donne che vivono la normalità di un quotidiano fatto spesso di fatiche e di dolore, come quando si incontrano la malattia e la morte. Diventano passaggi complicati e difficili, che interrogano e inquietano profondamente la nostra mente e il nostro cuore.
Domande di senso, che vanno alle radici dei significati stessi della nostra esistenza, e che ognuno avverte e matura in base alla propria sensibilità, ai propri convincimenti, alla propria storia personale. Ecco, le vite degli altri ci accompagnano e ci “provocano”, parola che nella sua radice significa proprio che “ci chiamano” a farci carico, a non restare indifferenti, a non coltivare istanze di separazione e di solitudine, a non considerare come altro da noi stessi quello che è invece squisitamente uguale a noi, alla nostra essenza, alla nostra identità.
Sono le prove della vita, quelle che vorremmo tutti in qualche modo evitare, ma che invece fanno parte integrante del nostro stato insicuro e labile, che non ha certezze sulla sua fisicità, per cui nell’arco di breve tempo tutto può cambiare, mentre si affronta la sofferenza e cambiano radicalmente le sicurezze e i progetti legati all’esistenza di ogni giorno. Si entra in una fase completamente nuova, e bisogna attrezzarsi di conseguenza.
E quando veniamo a sapere di questo tempo di fatiche e di malattie del prossimo, di quanti sono accanto a noi, siamo presi dai dubbi e dalle domande su come dobbiamo comportarci, in una stagione in cui il rispetto assoluto e doveroso della privacy e della riservatezza sembra la cifra dominante di queste situazioni.
Non ci sono risposte valide per tutti, ovviamente, perché tutto dipende dal carattere, dalla sensibilità, dalla disponibilità a condividere, dalla capacità di narrazione e di comunicazione di questi frammenti di vita. E sono più che mai necessari quella delicatezza, quella gentilezza, quei tratti sinceri di umanità che fanno la differenza in questi casi e inducono alla confidenza, all’affidamento reciproco, alla ricerca comune di quel calore che scalda l’animo e aiuta tanto a trasmettere forza, a donare coraggio e speranza, a far risuonare nell’intimo i sentimenti sinceri dell’umanità che si fa prossimo, sa stare accanto, dà testimonianza vera che non dimentica e vuole essere utile, in qualsiasi modo.
In altre parole, conta “esserci” in questi casi, perché le lontananze di chi era amico, le dimenticanze di chi condivideva le opere e i giorni, i silenzi imbarazzati di chi pensa di fare bene stando lontano non aiutano affatto a superare le prove, ma rischiano invece di aggravare sfiducia, ferite e dolore. Non si tratta di essere inopportuni, invadenti o curiosi, incapaci di gestire situazioni che hanno solo bisogno di gesti minuti e autentici di solidarietà.
D’intesa con la persona alla quale vogliamo manifestare la nostra amicizia ancora più grande, possiamo scegliere le forme più adatte per queste attestazioni di attenzione e di vicinanza, dai messaggi alle telefonate, dalle scritture alla visite di persona, sempre concordate, mai sgradite, nei luoghi e nei tempi che siano accolti volentieri.
Conta insomma la presenza, discreta ma carica di umanità, decisiva in tanti casi perché le persone affaticate possono trovare conforto, attenuare le inevitabili preoccupazioni, vincere il cerchio stretto della solitudine triste e fragile, alimentare la speranza, che tanto spesso si nutre di morale alto e di voglia di combattere per poter stare meglio. E’ il senso stesso della parola “compassione”, che nel “soffrire insieme” vede l’atteggiamento eloquente di chi conosce e riconosce nell’altro se stesso, e decide di esprimere il più possibile, in maniera tangibile e concreta, questi nobili sentimenti che albergano nel suo animo.
Alla fine, diventa per tutti e ciascuno anche l’occasione per fermarsi a riflettere sulla caducità della vicenda umana, sui progetti troppo ambiziosi che pretendono di contenere la vita nelle agende del lavoro, dei traguardi e dei successi, sulla necessità di dare valore alle cose che contano veramente, e non alle questioni effimere, di pura visibilità e di facciata che non tengono conto delle verità essenziali e di sostanza. Tutto questo assume un significato ancora più profondo quando arrivano i lutti, le perdite dolorose di persone amiche e care, il congedo terreno di quanti erano uniti a noi da rapporti di stima, di affetto e di consuetudine.
Anche qui, torna l’importanza di “esserci”, di farsi prossimo sensibile e sollecito, di far capire sinceramente a familiari e parenti di chi non c’è più come la vita del loro congiunto sia stata preziosa ai nostri occhi, ricca di insegnamenti, generosa di sentimenti e di cose buone. Chi ha provato sa che cosa vuol dire in quei momenti di privazione il conforto delle parole, dei ricordi, dei messaggi, degli abbracci, della semplice partecipazione, anche muta, ai momenti pubblici dell’addio, capaci di generare sostegno, consolazione, vicinanza, convinzione del bene compiuto e della gratitudine espressa.
E magari non basterebbe fermarsi con il nostro essere presenti a quei giorni, ma sarebbe giusto far sentire la nostra voce e il nostro cuore anche nelle fasi successive, quando le persone in lutto avvertono ancora e più che mai acuta la necessità di qualcuno al loro fianco, che aiuti a superare il tempo difficile.
Perché la bellezza di queste vite in pienezza non può mai essere dimenticata, per nessun motivo: il nostro senso di umanità si incarica di non lasciarle mai nell’oblio, perché hanno testimoniato grandezza di ideali e concretezza e generosità di opere nel quotidiano.
Riparte ancora una volta da qui, da queste espressioni inestinguibili e insuperabili di vita buona, il percorso verso un nuovo umanesimo che sappia restituire a noi stessi le ragioni alte del vivere insieme.
(Autore: Redazione Qdpnews.it)
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