Ogni 8 marzo, il mondo si tinge di giallo e l’aria si riempie del profumo intenso della mimosa, simbolo della Giornata Internazionale della Donna. Al di là delle celebrazioni e della retorica di rito, questa data rappresenta un’opportunità preziosa per riflettere sul ruolo delle donne nella società e sulle sfide che ancora oggi si trovano ad affrontare.
Troppo spesso, però, il rituale delle celebrazioni rischia di soffocare la sostanza. Questa giornata non dovrebbe essere una parentesi rassicurante, un’occasione per autocompiacersi senza interrogarsi criticamente sulle disuguaglianze ancora radicate.
I numeri parlano chiaro. Secondo il Rendiconto di Genere 2024 dell’INPS, presentato a Roma il 24 febbraio, le donne in Italia guadagnano in media il 20% in meno rispetto ai colleghi uomini, pur ricoprendo gli stessi ruoli. Ai vertici aziendali, la disparità è ancora più marcata: solo un dirigente su cinque è donna e tra i quadri la percentuale scende a meno di un terzo.
Il tasso di occupazione femminile resta più basso di quasi 18 punti percentuali rispetto a quello maschile, e il lavoro part-time continua a essere una realtà quasi esclusivamente femminile: tre volte più diffuso tra le donne rispetto agli uomini, spesso (nel 15,6% dei casi) non per scelta, ma per necessità. Anche nel settore pubblico persistono differenze significative: stipendi più bassi di quasi il 20% per le donne impiegate nella sanità, nelle università e negli enti di ricerca, mentre nel privato il divario può superare il 30%.
Eppure, le donne eccellono negli studi. Nel 2023 hanno superato gli uomini sia tra i diplomati (52,6%) che tra i laureati (59,9%). Ma i titoli di studio non bastano a spezzare il soffitto di cristallo: il 29,4% delle lavoratrici è “sovraistruito” per il proprio impiego, contro il 25,4% degli uomini. Tra le giovani tra i 25 e i 34 anni, la percentuale sale oltre il 40%.
Uno dei principali ostacoli resta il peso del lavoro familiare, che continua a gravare in larga misura sulle spalle femminili. Nel 2023, le donne hanno usufruito di 14,4 milioni di giornate di congedo parentale, contro appena 2,1 milioni degli uomini. E con un sistema di asili nido ancora carente – solo tre regioni italiane raggiungono il minimo di 45 posti ogni 100 bambini sotto i due anni – conciliare carriera e famiglia si trasforma spesso in una scelta obbligata e penalizzante.
Se i dati tracciano un quadro che evidenzia quanto ci sia ancora da fare, è altrettanto importante riconoscere i traguardi raggiunti e le donne che stanno contribuendo a ridisegnare il panorama professionale e istituzionale italiano.
Due esempi emblematici: nel mondo delle istituzioni, Margherita Cassano ha scritto una pagina di storia diventando la prima donna a ricoprire la carica di Presidente della Corte di Cassazione. Sul fronte della ricerca scientifica, Anna Grassellino sta lasciando un segno indelebile nel campo della fisica quantistica, dirigendo il centro SQMS del Fermilab di Chicago e guidando progetti all’avanguardia sui materiali superconduttori.
Anche lo sport ha regalato immagini di straordinaria affermazione femminile. Nella memoria di ogni appassionato restano impresse le imprese delle atlete italiane alle Olimpiadi di Parigi 2024, un’edizione che ha segnato nuovi e inaspettati orizzonti sportivi per l’Italia. Dalle trionfanti azzurre del volley alle medaglie nella ginnastica ritmica, le nostre atlete hanno brillato come mai prima d’ora, conquistando il podio in discipline dove l’Italia non aveva mai primeggiato e dimostrando che talento, passione e determinazione non conoscono confini.
Forse il significato più autentico di questa giornata sta proprio nella capacità di riportare l’attenzione sull’importanza di una società più equa e inclusiva. Non una festa da esaurire in una cena o in un mazzo di fiori, ma un’opportunità di dialogo, di consapevolezza e di rinnovato impegno per un futuro in cui il rispetto e le pari opportunità non siano più temi da rivendicare, ma realtà acquisite.
(Autore: Francesco Bruni)
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