Il dono della simpatia

Succede molto spesso che l’espressione del titolo sia usata nella sua accezione contraria, ossia “non ha il dono della simpatia”, quando ci riferiamo a persona che non possiamo certamente indicare come modello di cordialità, di benevolenza  e di approccio felice nei confronti del prossimo.                       

Più in generale, guardando alla complessità dei temi relazionali e sociali del nostro tempo, ci sembrerebbe questo un aspetto secondario, non sicuramente essenziale, perché in fondo abituati a guardare alla sostanza e alla concretezza delle cose, non alla loro superficie esterna, ai modi, allo stile.

Eppure, si tratta invece di una componente molto importante, il più delle volte decisiva nel far nascere rapporti virtuosi e fruttuosi tra i soggetti impegnati nei vari contesti del lavoro, dell’associazionismo, del tempo libero, degli stessi ruoli di servizio e di responsabilità. Non a caso, il noto scrittore Oscar Wilde affermava con il suo solito gusto per l’eccesso e il paradossale, in uno dei suoi tanti epigrammi ispirati alle cose della vita, che “È assurdo dividere le persone in buone e cattive. Le persone si dividono in simpatiche e noiose”.

Forse non possiamo spingerci fino a questa affermazione così risolutiva e spiazzante, ma in fin dei conti possiamo condividere il fatto che un fondo di verità viene di certo esplicitato. Alla sua radice etimologica, in lingua greca, la simpatia significa disposizione d’animo favorevole, sentimento istintivo di attrazione, affinità, sintonia.  E’ la traduzione di un “sentire insieme”, di un “soffrire insieme” che mette le persone nella condizione reciproca di benessere, di serenità, di leggerezza, di convergenza sull’agenda dei temi e dei modi dell’esistenza quotidiana.

“A pelle”, si dice spesso, nasce quel sentimento spontaneo e sorridente che mette ognuno a proprio agio, alimenta la capacità di ascolto e dialogo, costruisce relazioni buone e sincere, favorisce la confidenza e la spontaneità, dona il senso e la voglia di realizzare progetti in sinergia e di fare squadra. Qualcuno potrebbe obiettare a questo punto che simpatici si nasce, non si diventa, quasi a sottolineare il fatto che potrebbe esistere una naturale inclinazione a questa dote, una sorta di dna originario e personale, non acquisibile e trasmissibile nel tempo, un modo di intendere e concepire la vita che potrebbe riguardare soltanto situazioni irripetibili e inconfondibili di specifiche persone, evidentemente fortunate nel poter esprimere e condividere questa loro bella qualità distintiva.

E’ vero, non tutti possiedono il sorriso che cattura, la battuta intelligente, l’innata gentilezza, il parlare sciolto e attraente, la battuta divertente, l’umiltà di fondo che alimenta la voglia di stare con gli altri e di mettere tutti e ciascuno a proprio agio, lo spirito di solidarietà che unisce e cementa lo stare insieme e lo spirito di amicizia. Non c’è dubbio: ci sono uomini e donne che nascono con queste caratteristiche positive, e agevolano di molto con i loro comportamenti il vissuto dei singoli e delle comunità, piccole e grandi.

Fermiamoci un attimo: ciascuno ha in mente l’identità precisa di una serie di persone autenticamente “simpatiche”, che con la loro speciale inclinazione a rendere godibile, e anche un po’ spensierata, la vita di tutti, assumono un valore prezioso e un ruolo del tutto speciale all’interno delle normali dinamiche degli impegni di ogni giorno. E’ un piacere incontrarle, è un piacere salutarle, è un piacere parlare con loro, è un piacere raccontare di noi stessi e fare con loro anche qualche confidenza: vale la fiducia conquistata con il sorriso, l’attenzione, la cura dei gesti e delle parole, la comprensione, il conforto e l’incoraggiamento. Perché mettiamo in luce il contributo importante di questa “simpatia” all’interno dei percorsi consueti della vita di ogni giorno? Perché dall’altro lato esiste di fatto una sorta di “antipatia” diffusa di tanti che si materializza nei modi più svariati, e ben poco partecipa a rendere migliore l’esistenza del prossimo.

Si tratta in genere di persone che hanno un’alta concezione di se stesse, molto al di sopra della media, inarrivabili e insindacabili; sono giudici implacabili, severi e incorreggibili di qualunque evento si materializzi fra terra e cielo; sono soloni tristi e severi che non ammettono critiche, o solo differenti punti di vista, e poi noiosi, pesanti, arrabbiati col mondo e sempre pronti a trovare il minimo difetto nei comportamenti altrui; sono sempre pronti alla lamentazione perpetua su quanto gli altri costruiscono con dedizione e generosità, anche se loro stessi sono ben lontani dal cimentarsi in qualche cosa che possa rivelarsi utile alla comunità.

In pratica, sono soggetti che fanno poco o nulla per cercare di essere “simpatici” al mondo, con l’unico effetto di lasciare campo libero e gioioso ai “simpatici” veri che rendono più bella e attraente la quotidianità di tanti, con meriti spesso nascosti e poco riconosciuti, ma che ci sono tutti nella realtà delle situazioni. Si tratta allora di maturare, crescere, progredire in simpatia, ossia nella capacità letterale di mettersi in sintonia con lo spirito e il cuore delle persone che ci stanno accanto. 

Qualcuno è indubbiamente favorito, come abbiamo detto, perché ha questa dote nella sua indole caratteriale, sin dalla nascita. Ma in generale tutti possiamo fare passi in avanti significativi a riguardo, soprattutto se ci metteremo nella disponibilità e nella buona volontà di affrontare le vicende della vita con leggerezza, cercando di mitigare con il sorriso e la gentilezza i fattori e le vicende dell’esistenza che non vanno appesantiti, perché sono già di per sé delicati e complessi. Avremo acquistato così il dono della simpatia, e sarà davvero un bene per tutti.              

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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