La virtù dei forti

La pazienza è la virtù dei forti

Dall’antico proverbio e nell’immaginario collettivo è la pazienza la virtù dei forti. Proprio lei, la pazienza, che potrebbe essere considerata un’ospite non propriamente gradita in questo nostro tempo segnato dalla velocità, dalla fretta, dalla concitazione dei gesti, dal rapido susseguirsi degli eventi, e quindi non consono e non abituato a questa pratica quotidiana di vita, come ha scritto Gabriella Caramore in un suo libro tutto incentrato su questo tema. “La pazienza è ciò che nell’uomo più somiglia al procedimento che la natura usa nelle sue creazioni”.

Per parte sua, in uno dei tre racconti delle “Illusioni perdute” (1837 – 1843), il celebre scrittore francese Honoré de Balzac così aveva affermato, mettendo in luce la dimensione “naturale” della pazienza: ad esempio, per fare un bambino ci vogliono nove mesi, e per portare a termine un lavoro anche mesi, anni, in alcuni casi dei decenni.

Pertanto, secondo il famoso autore d’Oltralpe, non bisogna pretendere tutto e subito, ma affidarci alla pazienza che conosce i ritmi e i tempi della vita, e quindi genera serenità e fiducia. Non a caso nell’antichità il grande politico, militare e scrittore romano Marco Porzio Catone, detto anche Catone il Vecchio, scriveva circa 200 anni prima della nascita di Cristo che “di tutte le virtù umane, la pazienza è la più grande”. Quindi, una frase che tutti, prima o poi, abbiamo sentito è che “La pazienza è la virtù dei forti”, interpretando spesso questo come la capacità di sopportare, l’atteggiamento di chi si accontenta, l’attitudine di chi prende le cose come sono, e alza le spalle, esclamando “Pazienza!”. Va detto però che nessuno di questi riferimenti riesce a tradurre pienamente, in verità, il valore e il significato effettivo della pazienza.

Perché la persona forte e paziente non sopporta, anzi, agisce e fa tutto quello che serve per cambiare le cose, mettendoci il tempo e l’energia necessari. E non si accontenta, assolutamente, di quello che trova e di quello che vede: comprende la situazione, l’analizza, la studia e poi mette in atto la strategia concreta per cercare di trasformare le cose. E se queste non vanno bene, e non corrispondono ai desideri della persona e della comunità, non alza le spalle pensando di lasciar correre, come se nulla potesse essere fatto, in una sorta di rassegnata e “paziente” accettazione dei dati di realtà, ma si attiva, dirige il suo pensiero e la sua azione verso il possibile cambiamento.

La pazienza è la virtù dei forti perché quando vogliamo portare a compimento qualcosa di bello e di grande, nella nostra esistenza, dobbiamo prepararci ed allenarci, e poi metterci in marcia: durante il nostro viaggio, troveremo strade in discesa ma anche in salita.

Eppure, grazie alla pazienza, non ci perderemo d’animo, e riusciremo a dominare la nostra ansia e le nostre preoccupazioni. Essere paziente e forte vuol dire saper riconoscere qual è la strada giusta per noi stessi, capire che cosa dobbiamo fare, e come, e poi, iniziare a farlo. Essere pazienti e forti vuol dire non fare a gara con se stessi o con gli altri, ma rimanere concentrati sul proprio obiettivo, rendendo i pensieri, i sentimenti, le emozioni, sempre più stabili e costruttivi, sempre più in armonia tra loro.

Così, essere paziente e forte vuol dire anche perseverare e avere fiducia. La pazienza è la base della piena consapevolezza e della fiducia in se stessi, e negli altri, nelle proprie risorse e nelle possibilità di un reale mutamento dello stato di fatto. Insomma, la forza della pazienza è la fiducia di riconoscere il proprio valore e la scelta di farlo vivere nel mondo. Sei forte? Allora sei anche paziente. Non sei paziente? Allora, diventa più forte. L’affermazione della pazienza è anche una scelta di vita, quella di dare fiducia alle tue possibilità. Una scelta da non rimandare. Ci aiutano a comprenderlo, ancora una volta, una serie di aforismi riferiti proprio alla pazienza. Confucio sosteneva: “La pazienza è potere: con il tempo e la pazienza, ogni foglia di gelso diventa seta”.

Il Mahatma Gandhi affermava: “Perdere la pazienza significa perdere la battaglia”. Confucio sosteneva: “La pazienza è potere: con il tempo e la pazienza, ogni foglia di gelso diventa seta”. Harold Kohn ammoniva: “Le case felici sono costruite con mattoni di pazienza”. Ed Ewa Radomska dichiarava: “La fede muove le montagne, la pazienza raggiunge le cime”. Ma allora, in definitiva, che cos’è la pazienza? E’ passiva rassegnazione, o invece coraggio di affrontare le difficoltà con la giusta riflessione e con l’adeguato criterio di verifica della realtà? Non ci aiuta l’etimologia latina, perché la parola pazienza ha origine da “patientia” con la sua accezione di patire, soffrire, sopportare, condensata in espressioni quali “benedetta pazienza”, … “santa pazienza”, “che pazienza devo avere”. “che cosa mi tocca sopportare”.

Nell’accezione greca antica, invece, il termine paskein (pazienza) enfatizza il suo significato con quello di coraggio o, dovremmo ben specificare, del “lato riflessivo del coraggio”, mostrando tutta la sua energia positiva. Siamo infatti convinti che la sia pazienza sia il sentimento umano che ci permette la rimandare la “re-azione” alle avversità, mantenendo nei confronti della situazione un atteggiamento non passivo, ma riflessivo. La pazienza è una qualità superiore, che trae linfa vitale dalla saggezza e ci permette di non perdere la perseveranza del nostro agire.

È la necessaria calma, costanza, assiduità, applicazione senza sosta, che trova il suo terreno fertile nell’affrontare le difficoltà del vivere quotidiano. Ma a cosa serve, oggi, la pazienza? Certamente non a fermarci, e non certo a patire. La pazienza vede la sua utilità in molte occasioni. Serve infatti a identificare la strategia più opportuna. Sì, ci vuole pazienza per pensare. Abbiamo bisogno di tempo affinché la memoria rielabori l’esperienza e valuti le opportunità e i rischi del nostro procedere.

La capacità umana di costruire il futuro, nella sua visione ideale rischia di diventare illusione, se non ci prendiamo il tempo per pensare. Ancora, ci vuole pazienza per apprendere, per elaborare esperienze e nuovi significati. L’apprendimento richiede continuità d’azione: provare e aspettare, acquisire e riprovare. Infine, la pazienza serve per generare le cose nuove, per ideare un nuovo approccio, un nuovo modo di vedere la nostra realtà, un nuovo modo di per adattarci con nuova energia vitale ai cambiamenti non voluti, per creare le basi di un nuovo umanesimo che ci faccia ritrovare noi stessi e le persone che ci vivono accanto.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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