Eriberto fu consacrato Vescovo di Colonia nel 999: eravamo alla vigilia di quel Mille che si annunziava pieno di spavento, per la creduta fine del mondo. Oggi i colori di quel momento storico si sono sensibilmente schiariti, non però tanto da mutare le temute tenebre della notte perpetua, in una sperata alba di vita felice.
Sta di fatto che l’Impero degli Ottoni, se non vacillava, certo veniva già turbato, specie in Italia, dall’espandersi dei liberi comuni, e i discendenti del primo grande e potente Ottone scendevano in Italia per morirvi quasi tutti giovani.
Eriberto, nato a Worms all’incirca nel 970 da nobile famiglia, si trovava a fianco di Ottone III quando il giovanissimo Imperatore scese in Italia. Era il suo cancelliere: ciò non significava che fosse uomo politico, bensì un ecclesiastico che aveva studiato in una Abbazia benedettina ed era stato Preposto della Chiesa di Worms. Forse si deve anche a lui, oltre che alla madre di Ottone III, Teofania, l’inclinazione che il giovane Imperatore mostrò per l’antica civiltà romana, che preferiva a quella tedesca. Egli pensò persino di far di Roma la sede dell’Impero, contro il parere dei suoi superbi teutoni e anche contro il desiderio dei gelosi romani.
Eriberto si trovava a fianco di questo Imperatore germanico quando, a Benevento, fu nominato Vescovo di Colonia. Mentre Ottone III rimaneva in Italia, dove sarebbe stato ucciso giovanissimo, a ventidue anni, Eriberto risalì la penisola e attraversò la Germania, per essere consacrato appunto a Colonia nel 999.
Cominciò allora la sua opera di consolazione e di conforto negli anni dello sgomento e del terrore. Umile, dolce, affabile, sereno, sollevò le anime e guidò la diocesi con grande zelo. Egli stesso, per penitenza, portava indosso costantemente il cilicio, ma non approvava che il terrore provocasse forme troppo aspre di sacrificio.
Il successore di Ottone III, Enrico, non apprezzò subito le qualità del Vescovo Eriberto, ma poi, riconoscendo di avere sbagliato, gli chiese pubblicamente perdono e lo volle suo cancelliere. Eriberto si sentiva però pastore e padre, e soccorritore di miserie morali e materiali. Egli si faceva stretto obbligo di visitare la propria diocesi, portando ovunque la serenità del proprio spirito e la generosità del proprio cuore. E durante una di queste visite pastorali, caduto ammalato, morì a Duitz, il 15 marzo 1021.
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