Essere madre di un santo, per di più Papa, e per di più ancora un Papa quale fu San Gregorio Magno, non è cosa che si possa lasciare sotto silenzio. Santa Silvia è santa per aver dato la vita a S. Gregorio; ma lo è più ancora per essersi ispirata costantemente alla Parola di Dio ed averla assimilata nel suo spirito ed averla attuata nelle sue azioni. Fu donna di fede autentica e di fervorosa vita cristiana. I pochi tratti biografici che possediamo ed alcune integrazioni storiche sono sufficienti a fornircene le prove.
Silvia nacque a Roma, si sposò a Roma, visse e morì a Roma nel secolo VI. Forse il padre di Silvia si chiamava Probo, da cui il secondo nome di Silvia: Probina. Lo sposo di S. Silvia, Gordiano, apparteneva alla gens Anicia, alla quale si pensa appartenesse pure S. Benedetto. Da questa illustre e antica famiglia senatoria provenivano numerosi personaggi che già nell’antichità si erano distinti per l’impegno nell’amministrazione della Roma repubblicana e imperiale.
La condizione di grande decadenza in cui versava la città di Roma in quegli anni è drammaticamente descritta dallo stesso Gregorio Magno. Santa Silvia visse al centro di queste vicende tormentate e possiamo ipotizzare, senza troppo lavorare di fantasia, che le stesse ebbero un’eco profonda tra le pareti domestiche della sua residenza sul Celio, considerando il ruolo di grande responsabilità che la famiglia di Gordiano aveva sempre avuto a Roma.
La santità di Silvia si attuò tutta attorno al suo epicentro: il matrimonio, la maternità e la famiglia. La dimora dello sposo, nella quale si trasferì Silvia, era sul colle Celio al così detto Clivus Scauri, dove oggi sorge la chiesa di S. Gregorio al Celio. Da Gordiano e Silvia nacquero Gregorio, che sembra fosse il primogenito, ed un altro figlio, di cui spesso parla S. Gregorio senza mai indicarne il nome. Fino al 573 ella viveva con il figlio e il marito nella casa del Celio.
Poco dopo l’inizio della sua vedovanza, Gregorio si fa monaco e trasforma la casa paterna in monastero. Termina così la vita domestica. Certo in accordo con il figlio, ella si ritira in una località dell’Aventino Minore identificata con il nome di Cella Nova. Silvia condusse da vedova la stessa vita ascetica che in casa avevano condotto le due sante cognate Emiliana e Tarsilla, dedicandosi alla preghiera e alle opere di carità, secondo un preciso stile di vita, proprio delle donne vedove della chiesa antica. Il tempo della vedovanza per Silvia durò circa un ventennio.
La data della sua morte è poco dopo il 592. Aveva fatto in tempo a vedere il proprio figlio chiamato da Dio ad occupare la sede di S. Pietro, essendo stato eletto nel 590. Il figlio Gregorio volle che il corpo della madre venisse deposto presso il monastero del Celio nel sepolcro dove erano state già deposte le zie Emiliana e Tarsilla.
(Foto: Wikipedia).
#Qdpnews.it