E’ un santo molto amato e conosciuto, patrono non solo della città di Padova, che custodisce le sue spoglie mortali, ma anche di molte altri centri, luoghi e paesi sparsi in tutto il mondo, come Brasile e Portogallo – è nato a Lisbona nel 1195 – nonché della Custodia di Terra Santa. Fernando di Buglione a 15 anni è novizio nel monastero di San Vincenzo, tra i Canonici Regolari di Sant’Agostino.
Nel 1219, a 24 anni, viene ordinato prete. Nel 1220 giungono a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco, dove si erano recati a predicare per ordine di Francesco d’Assisi. Ottenuto il permesso dal provinciale francescano di Spagna e dal priore agostiniano, Fernando entra nel romitorio dei Minori mutando il nome in Antonio. Invitato al Capitolo generale di Assisi, arriva con altri francescani a Santa Maria degli Angeli dove ha modo di ascoltare Francesco, ma non di conoscerlo personalmente. Per circa un anno e mezzo vive nell’eremo di Montepaolo.
Su mandato dello stesso Francesco, inizierà poi a predicare in Romagna e poi nell’Italia settentrionale e in Francia. Nel 1227 diventa provinciale dell’Italia settentrionale proseguendo nell’opera di predicazione. Il 13 giugno 1231 si trova a Camposampiero e, sentendosi male, chiede di rientrare a Padova, dove vuole morire: spirerà nel convento dell’Arcella. Antonio fu canonizzato l’anno seguente la sua morte dal papa Gregorio IX. La grande Basilica a lui dedicata sorge vicino al convento di Santa Maria Mater Domini.
Trentadue anni dopo la sua morte, durante la traslazione delle sue spoglie, San Bonaventura da Bagnoregio trovò incorrotta la lingua di Antonio, ora conservata nella cappella del Tesoro presso la basilica della città patavina di cui è patrono. Nel 1946 Pio XII lo ha proclamato Dottore della Chiesa.
I fedeli imparano a onorarlo fin dall’infanzia, quando i nonni o i genitori regalano piccoli panini profumati e raccontano i suoi miracoli straordinari, così tanti da destare meraviglia: “Troppa grazia sant’Antonio!” si usa dire. Sant’Antonio è un santo popolare, vicino alle persone che lo pregano per bisogni familiari e domestici, al punto da essere invocato anche per trovare oggetti smarriti, come ci insegna la preghiera del “Sequeri”. Allo stesso tempo è un santo complesso, sapiente, dalla profonda teologia nel legame con san Francesco.
Sua caratteristica immancabile è il giglio candido, tanto che il fiore è detto proprio “giglio di sant’Antonio”. Questo fiore dal profumo intenso, che fin dall’antichità è stato assimilato alla sontuosità della rosa e appare assai spesso nelle fonti antiche classiche come nella Bibbia, rappresenta la Vergine Maria nell’Annunciazione, dunque simbolo dell’Incarnazione di Cristo, fiorisce sul bastone di Giuseppe e contraddistingue molti altri santi come san Luigi o Caterina da Siena. È un fiore che simboleggia purezza e nobiltà d’animo.
Chiunque si rechi presso la basilica di Padova avrà notato la grande quantità di bigliettini lasciati nelle ceste ai piedi dell’Arca. Raccontano storie e speranze, richieste di aiuto e preghiere. Sono bianchi, simili ai petali del giglio.
(Foto: archivio Qdpnews.it – Wikipedia).
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