Nato a Gambellara (Vicenza) l’11 gennaio 1803, Giovanni Antonio Farina ricevette la prima formazione dallo zio paterno, un santo sacerdote che fu per lui vero maestro di spirito e anche suo precettore. A quindici anni entra nel seminario vescovile di Vicenza: la sua vocazione religiosa si è fatta chiara assai presto, e col tempo si accompagnerà alla passione per l’insegnamento. A 21 anni, mentre studia teologia, fa già scuola ai ragazzi dei corsi inferiori.
A 24 anni viene ordinato sacerdote, conservando l’incarico in seminario e ottiene la “patente” di insegnante elementare, assumendo i primi incarichi nelle scuole pubbliche di Vicenza. Lavora nelle scuole che ci sono. Ma pensa a quelle che mancano, soprattutto nelle campagne. A 28 anni, nel 1831, fa nascere in Vicenza una scuola popolare femminile, e lavora a un progetto molto audace per il suo tempo e la sua età: creare una congregazione di suore insegnanti. E a 33 anni istituisce le “Suore Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori”, chiamate a istruire non solo le ragazze di buona famiglia, ma soprattutto le altre, quelle indifese a causa della miseria oppure colpite da infermità permanenti e gravi, come cieche e sordomute.
Bastano tre anni al nuovo istituto per ottenere da Gregorio XVI (nel 1839) il decretum laudis, che è un iniziale riconoscimento pontificio. Il fondatore prepara la novità successiva: all’insegnamento, le Dorotee aggiungeranno il servizio ai malati, come infermiere negli ospedali. Volontarie anche sul fronte della sofferenza fisica, dunque, con tutto lo slancio: ma soprattutto con l’indispensabile professionalità. Lui forse non pronuncerà mai testualmente questa parola; tuttavia concretizza l’idea nelle sue esigenti direttive: studio, preparazione accurata in medicina e pronto soccorso, attenzione all’igiene. L’infermiera d’ospedale come la vuole lui è una figura ancora quasi sconosciuta in Italia, dove manca perfino un manuale che prepari a questo lavoro. Penserà lui a procurarlo, facendo tradurre un testo francese e presentandolo alle Dorotee con questa epigrafe: “Un’infermiera deve avere il cuore di una madre, il sangue freddo di un medico, la pazienza di un santo. Cure intelligenti guariscono quanto i rimedi”.
A metà secolo diventa vescovo: dal 1851 a Treviso e dal 1860 fino alla morte a Vicenza, La virtù che più colpisce in lui è la carità eroica, tanto che venne definito “l’uomo della carità”. I poveri, gli infelici, gli abbandonati, i sofferenti di ogni genere furono l’oggetto della sua tenerezza e delle sue cure, espressione di una pastorale fondata “sull’educazione del cuore“. Parla per lui chi lo ha visto fare l’infermiere in ospedale, di persona. Così, a pochi anni dalla scomparsa, già si incomincia a parlare di grazie dovute alla sua intercessione. Nell’anno della sua morte in Vicenza, nasce a Gioia di Brendola, lì vicino, Anna Francesca Boscardin, che col nome di Maria Bertilla sarà la sua prima infermiera proclamata santa.
Giovanni Antonio Farina è proclamato beato da Giovanni Paolo II nel 2001 e santo da papa Francesco il 23 novembre 2014. I suoi resti riposano a Vicenza, nella Casa madre della sua congregazione.
(Foto: Wikipedia).
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