Nacque a Bra (Cuneo) il 3 maggio 1786, primogenito di dodici fratelli: dalla mamma ereditò quel tenero amore per i poveri e i malati che lo contraddistinse per l’intera vita. Già terziario francescano, il 2 ottobre 1802 il giovane ricevette la veste talare dalle mani del parroco. L’ordinazione presbiterale gli fu conferita l’8 giugno 1811.
Dopo aver letto la vita di San Vincenzo de’ Paoli, il Cottolengo comprese che la strada da percorrere era quella della carità. Pensò allora di istituire un ricovero che potesse spalancare le porte ad ogni sorta di infelici. L’opera prese il via il 17 gennaio 1828 con quattro letti in alcune stanze affittate nella casa detta della Volta Rossa. Non mancò di trovare forte opposizione tra i confratelli ed i parenti, ma ci furono anche collaboratori come il medico Lorenzo Granetti, il farmacista regio Paolo Anglesio e dodici visitatrici dei malati dette “Dame di Carità”, che riunì sotto la direzione della ricca vedova Marianna Nasi.
Il Cottolengo acquistò poi una casetta a Valdocco, proprio nella zona ove poco dopo sarebbe fiorite anche le opere fondate da Giulia di Barolo e San Giovanni Bosco, e vi si trasferì il 27 aprile 1832 con due suore e un malato. Queste furono le umilissime origini della Piccola Casa della Divina Provvidenza. L’unico valido mezzo per portare a compimento la grandiosa opera fu un’illimitata fiducia nella Provvidenza Divina, invocata con costante orazione, e nessuna diretta richiesta fu mai rivolta alla generosità dei torinesi o della corte.
Nel 1833 il re Carlo Alberto di Savoia eresse l’opera ad ente morale e nominò Giuseppe Benedetto Cottolengo cavaliere dell’Ordine Mauriziano. Il santo accettò sentenziando: “Passino i doni ai miei poveri. Io ritengo la croce. Provvidenza e croce sono due cose che vanno unite”. Al termine dell’anno era già pronto un primo grande ospedale da 200 posti letto, al quale ne seguì un altro per tutti i soggetti rifiutati dalla società. Egli stesso riceveva i malati alla porta a capo scoperto, per affidarli alle suore dicendo: “Sono doni di Dio. Siano le vostre pietre preziose”.
Al servizio di questa nascente cittadella della carità, il Cottolengo istituì nel 1833 le Suore Vincenzine; nel 1841 le Suore della Divina Pastora per curare la preparazione delle ricoverate ai sacramenti; nel 1839 le Suore Carmelitane Scalze dedite alla via contemplativa; nel 1840 le Suore del Suffragio per i lavori di cucito e le Suore Penitenti di Santa Taide per la conversione delle traviate; infine, nel 1841, le Suore della Pietà per assistere i morenti. A Chieri morì santamente il 30 aprile 1842. Il re Carlo Alberto, saputo della sua scomparsa, rimpianse la perdita del grande amico.
Giuseppe Benedetto Cottolengo fu sepolto a Torino nella Piccola Casa, in una cappella della chiesa principale, dove riposa ancor oggi. In seguito ai numerosi miracoli verificatisi per sua intercessione, il pontefice Benedetto XV lo beatificò il 28 aprile 1917, e Pio XI lo canonizzò il 19 marzo 1934. Il santo Cottolengo, per le sue peculiari opere caritatevoli, ha meritato di essere citato nella prima lettera enciclica del papa Benedetto XVI “Deus caritas est”.
(Foto: archivio Qdpnews.it – Wikipedia).
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